La nostra recensione di Storia di mia moglie, elegante mélo di Ildikó Enyedi, con Gijs Naber capitano integerrimo e Léa Seydoux sfuggente femme fatal in una tormentata storia d’amore, in concorso a Cannes 2021
Un incendio scoppia sul ponte di una lussuosa nave passeggeri. I membri dell’equipaggio premono per avvertire immediatamente i soccorsi. Il capitano, però, scorge nuvole addensarsi nel cielo e si convince che la pioggia scrosciante placherà l’incendio. È il destino di Storia di mia moglie, ondivago melodramma d’autore che più volte nelle sue eccessive tre ore di durata rischia il tracollo, ma riesce a restare compatto tra le mani sapienti del suo capitano, Ildikó Enyedi. Dopo aver vinto il Leone d’Oro nel 2017 con Corpo e anima, la regista ungherese sbarca al 74º Festival di Cannes con l’adattamento del romanzo La storia di mia moglie del compatriota Milán Füst. Un’opera affascinante in cui la tecnica rischia di soffocare il cuore emotivo di una storia d’amore e gelosia.
La moglie del capitano
Anni ‘20. In un caffè l’irreprensibile capitano di una nave mercantile Jacob Störr (Gijs Naber) sta discorrendo con il suo spericolato amico Kodor (Sergio Rubini), cui rivela la sua volontà di sposarsi. Per una scommessa il protagonista decide di affidarsi al caso e chiede la mano della prima donna che entra nel locale. Inizia così l’enigmatico e passionale rapporto tra Jacob e Lizzy (Léa Seydoux) che si trasforma in una tormentata storia d’amore. Lui passa la maggior parte del suo tempo in viaggio sulla sua nave; lei sempre più sfuggente ed ambigua è pienamente immersa nella vita sociale parigina. Dubbi circa la fedeltà di Lizzy si insinuano nella mente di Jacob quando fa la comparsa nella loro vita Dedin (Louis Garrel) un giovane affascinante parassita che il protagonista teme sia l’amante della moglie.
Un mare in tempesta
Un caso fortuito o un incontro baciato dal destino. Aleatorietà e ineluttabilità si scrutano, si desiderano, si rincorrono in un dramma sentimentale estremamente diluito e cadenzato. In quasi tre ore di durata, sette capitoli e un susseguirsi languido di flash narrativi scanditi da metaforiche ellissi si consuma il conturbante e appassionato confronto tra due individui troppo discordi per potersi amare, troppo rapiti l’uno dall’altro per potersi abbandonare. Lui, un capitano ligio al dovere, un omaccione dai tratti gentili e dall’anima schiva. Lei, un’anima inafferrabile, una femme fatal conturbante, dal comportamento contraddittorio ora da moglie amorevole ora da compagna gelida e noncurante. Un rapporto costruito sul non detto, sull’ignoto, su una fiducia mai costruita che si sfalda e si ricompone sulle note di una misteriosa gelosia che trasforma un matrimonio in un oceano su cui incombe minacciosa una violenta tempesta .
Pennellate di tecnica
Se l’interpretazione implosiva e profondamente fisica di Gijs Naber restituisce il tormento sempre trattenuto di Jacob, Léa Seydoux ruba la scena con una performance ammaliante che rende manifesta tutte le contraddizioni di Lizzy. A incorniciare le loro impeccabili interpretazioni troviamo una fotografia meravigliosa, capace di dare volume ai loro sentimenti e trasformare le inquadrature in palpitanti tele dipinte. A contenere il portato sentimentalistico di Storia di mia moglie è una regia asciutta ma sontuosa, che punta tutto sulla geometria e la linearità. Altrettanto fondamentale è l’apporto dell’avvolgente colonna sonora e la cura certosina del comparto costumi e scenografia. Il grande iceberg contro cui Storia di mia moglie rischia di schiantarsi, però, è una durata sovrabbondante che impone un’eccessiva diluizione della tensione emotiva (ed erotica) della danza stentata tra i due protagonisti. Se lo stesso rigore (sempre ispiratissimo) tecnico della messa in scena si fosse applicato anche in fase di scrittura il film avrebbe di certo guadagnato in potenza ed efficacia.
Storia di mia moglie. Regia di Ildikó Enyedi. Con Léa Seydoux, Gijs Naber, Louis Garrel, Jasmine Trinca, Luna Wedler, Romane Bohringer, Ulrich Matthes, Simone Coppo, Udo Samel, Sergio Rubini, Sandor Funtek, Josef Hader, Nayef Rashed, Ralph Berkin, Beniamino Brogi, Károly Hajduk. Al cinema dal 14 aprile, distribuito da Altre Storie.
3 stelle e mezza