La nostra recensione di Tapirulàn, esordio alla regia di Claudia Gerini, anche protagonista nei panni di una consulente psicologica online che dialoga con i suoi clienti mentre corre su un tapis roulant, presentato al Bif&st
Il fatto che Claudia Gerini sia un talento versatile, capace di calarsi convincentemente, grazie al suo irresistibile carisma, in ruoli tanto comici quanto drammatici è sotto gli occhi del pubblico italiano da tempo. Ma cosa accadrebbe se una delle più riconoscibili attrici italiane decidesse di spostarsi dietro alla macchina da presa? La risposta è Tapirùlan, l’altalenante esordio alla regia di una Gerini che si cuce addosso un (quasi totale) one woman show, sulla carta piuttosto complesso da mettere in scena, che dialoga vigorosamente con il nostro presente.
Consulenze dal tapis roulant
Emma (Claudia Gerini) è una consulente psicologica online che passa le sue giornate ad allenarsi senza mai mettere piede al di fuori del suo ampio e vuoto appartamento. L’attenzione maniacale della donna per l’attività fisica è tale che Emma corre sul suo tapis roulant persino mentre, per lavoro, ascolta attentamente e tenta di trovare insieme ai suoi clienti una soluzione ai loro drammi. Quando sua sorella, che non vede da anni, la contatta tramite l’app per cui lavora e le comunica una dolorosa notizia, Emma dovrà fare i conti con i suoi scheletri nell’armadio.
Fuggire restando fermi
Lo smart working è per Emma una salvezza: lavorare da casa le permette di non uscire e quindi annullare ogni tipo di relazione interpersonale che non sia virtuale e, allo stesso tempo, organizzare la propria giornata seguendo un programma ferreo di dieta e allenamento. Così la protagonista incarna un’interessante contraddizione concettuale: benché si dichiari totalmente antisociale, vive di un lavoro fondato sulla relazione e l’empatia. Il ponte tra i due poli di questo ossimoro è lo schermo, finestra sull’interiorità dei suoi clienti, che si contrappone alla finestra del suo appartamento guardata quasi con sospetto. Al contrario, ogni volta che Emma risponde ad una chiamata di lavoro, il suo viso si distende e con una sensibilità emotiva rara la consulente riesce ad entrare in comunicazione profonda con i suoi interlocutori. Ognuno di essi permette al film di trattare una tematica diversa come la violenza sulle donne, i disturbi di personalità, l’orientamento sessuale e la malattia.
Corri Claudia, corri
E intanto Emma corre. Fugge dai suoi demoni restando ferma. Come consumata dall’attrito del suo perenne correre si consuma. Pezzo dopo pezzo la sua maschera di invincibilità si sgretola mentre ogni nuova seduta con un cliente si trasforma in un’occasione per lo spettatore per esaminare l’interiorità della stessa protagonista. Claudia Gerini riesce a dare credibilità alle idiosincrasie di questa donna, a scandire le fasi del suo progressivo dissolvimento e della conseguente rinascita. Anche a livello registico Gerini si dimostra piuttosto asciutta ed equilibrata. Non risultano altrettanto efficaci, invece, la sceneggiatura e, soprattutto, i dialoghi. Capita spesso, infatti, che le tematiche affrontate nella pellicola perdano della loro pregnanza a causa di discorsi costruiti su frasi fatte e piuttosto banali. Pochi, d’altronde, sono i clienti che si ergono dallo stato di macchiette funzionali solo ad inserire nuovi temi alla narrazione. Inevitabilmente, dunque, la scrittura scricchiolante va ad inficiare sulla riuscita generale del prodotto.
Tapirulàn. Regia di Claudia Gerini. Con Claudia Gerini, Claudia Vismara, Stefano Pesce, Maurizio Lombardi, Corrado Fortuna, Daniela Virgilio, Lia Grieco, Fabio Morici, Marcello Mazzarella, Niccolò Ferrero, Antonio Ferrante e Ilaria Geshko. Al cinema dal 5 maggio, distribuito da Milano Talent Factory.
2 stelle e mezza