Dopo l’ondata di insulti ricevuti, il Teatro Parioli di Roma chiarisce: “Costanzo non registra da noi”, poi lancia un appello
In merito alla tempesta social verificatasi in seguito alla messa in onda del Maurizio Costanzo Show del 27 ottobre, il Teatro Parioli (qui il sito internet ufficiale) si è visto obbligato a chiarire che, a differenza di quanto scritto da molte testate giornalistiche, le registrazioni della trasmissione del dottor Costanzo non sono state effettuate presso gli spazi del Parioli (cosa che non avviene da ben 14 anni). Per questo motivo è stato diffuso un comunicato, che viene qui riportato, con due scopi principali: sottolineare quanto, secondo il direttore Nanni Venditti, sia sbagliata la dichiarazione del dottor Costanzo a La Repubblica, nonché lanciare una proposta per dare una mano al settore.
Comunicato del Teatro Parioli
In merito alla tempesta social verificatasi in seguito alla messa in onda del Maurizio Costanzo Show del 27 ottobre, il Teatro Parioli si è visto obbligato a chiarire che, a differenza di quanto scritto da molte testate giornalistiche, le registrazioni della trasmissione del dottor Costanzo non sono state effettuate presso gli spazi del Parioli. Inoltre si rileva che il dottor Costanzo, in seguito a una richiesta di chiarimento da parte di agenzie di stampa riguardo alle condizioni in cui si sono svolte le registrazioni del suo programma, ha invitato i gestori di teatri e cinema a operare come lui, e cioè a effettuare test sierologici al pubblico, a installare plexiglas fra le poltrone, e ad accogliere quindi gli spettatori in sala senza mascherina, addossando in qualche modo la responsabilità della chiusura dei teatri e dei cinema ai gestori di questi ultimi, additandoli fra l’altro come persone che non fanno altro se non “rompere e fare polemiche” (fonte: Repubblica).
Consapevoli che in questo periodo l’Italia e il mondo hanno altre priorità, ricordiamo al dottor Costanzo che Cinema e Teatri sono chiusi per decreto, e non per loro scelta. A tal riguardo, quindi, il teatro ha voluto rivolgersi direttamente al dottor Costanzo.
Egregio, la ringraziamo per i suggerimenti, ma le cose non stanno come dice Lei.
Se infatti è vero che la legge al momento ci impedisce di aprire, e se è indubbio che nei teatri (anche quando erano aperti) c’era obbligo di mascherina per il pubblico, allora, per favore: eviti di farci passare pure per fessi agli occhi del pubblico.
Inoltre vorremmo approfittare di questo spiacevole episodio per sottolineare che in questo momento difficile la nostra categoria ha bisogno di supporto e unità, non di equivoci, né di strigliate. Quel di cui la categoria a cui apparteniamo ha bisogno, invece, sono ristori immediati, basati su parametri elastici, che non lascino fuori nessuno (come invece accaduto con gli ultimi fondi stanziati dal Ministro Franceschini, che hanno lasciato a bocca asciutta moltissimi fra noi).
Ma non è solo alle istituzioni che ci rivolgiamo: prendendo sempre spunto da quanto accaduto, nel paradosso che ha visto un teatro ricostruito in TV, ci chiediamo se non sia il caso di sottoporre allora proprio agli operatori, ai registi, ai conduttori, e agli autori di programmi televisivi una proposta di solidarietà nei confronti dei teatri privati: c’è chi vuole portare il teatro in TV.
Noi del Parioli, invece, proponiamo in questo momento emergenziale di portare la TV in teatro. E proponiamo alla TV di usare, all’interno dei suoi format anche le nostre maestranze (tutte, nessuna esclusa).
Nell’attesa della riapertura (prioritaria, ovviamente, ma purtroppo verosimilmente lontana nel tempo), le strutture teatrali private sarebbero forse onorate di ospitare dirette o registrazioni di produzioni audio-visive. Questo darebbe respiro e orizzonte anche e soprattutto alle strutture più piccole per dimensioni e più fragili per economie, troppo spesso dimenticate, e che tuttavia rappresentano linfa artistica e creativa per il settore.
Auspichiamo sinceramente che gli operatori del settore TV possano riflettere su quanto proposto, e sostenere in questo modo tutti i teatri privati che non ricevono fondi ministeriali, per aiutarli a sopravvivere.
Perché alle riflessioni fatte va aggiunta anche questa: gli spazi pubblici o sovvenzionati sopravvivranno a questa bufera. I teatri e gli spazi culturali gestiti da privati, senza sovvenzioni, sono condannati a morte o, nel migliore dei casi, a lenta agonia. Insieme a loro, soffriranno tanti artisti, tanti tecnici, tanti operatori della filiera produttiva.
Infine, a pagare il prezzo più alto sarà la libertà dell’imprenditoria privata e dell’espressione artistica: a reggere alla botta saranno solo coloro che godono di finanziamenti pubblici, e inevitabilmente anche le scelte artistiche del futuro saranno condizionate da questa stortura. Un aiuto concreto a vantaggio dei teatri privati è indispensabile perché questi ultimi continuino a restare un baluardo di libertà espressiva anche quando la tempesta che li ha travolti sarà finita.