Teatro Quirino, stagione 2024/25: in cartellone Simone Cristicchi, Alessandro Preziosi, Emilio Solfrizzi e molti altri

Teatro Quirino - Simone Cristicchi, Alessandro Preziosi, Emilio Solfrizzi
Teatro Quirino - Simone Cristicchi, Alessandro Preziosi, Emilio Solfrizzi

Teatro Quirino, stagione 2024/2025: in cartellone Emilio Solfrizzi, Alessandro Preziosi, Simone Cristicchi, Violante Placido, Ettore Bassi, Mani Ovadia, Francesco Montanari, Giuseppe Pambieri e molti altri

Teatro Quirino (qui il sito internet ufficiale), presentata la stagione 2024/2025: in cartellone Emilio Solfrizzi, Alessandro Solfrizzi, Simone Cristicchi, Violante Placido, Ettore Bassi, Mani Ovadia, Francesco Montanari, Giuseppe Pambieri e molti altri. Ecco tutti i titoli in cartellone:

8 / 20 ottobre
EMILIO SOLFRIZZI
ANFITRIONE di Plauto
regia EMILIO SOLFRIZZI

Anfitrione è una delle commedie più celebri di Plauto. La trama ruota attorno a un soldato di nome Anfitrione e al suo servo Sosia, che tornano a casa dopo una lunga campagna militare. Tuttavia Giove, affascinato dalla bella moglie di Anfitrione, Alcmena, decide di assumerne l’aspetto per conquistarla. Nel frattempo il vero Anfitrione ignaro, si scontra con Sosia e si sviluppano una serie di equivoci, situazioni buffe e colpi di scena. Inganni che creano una girandola di situazioni esilaranti in cui i personaggi si confondono sulla vera identità di chi hanno di fronte offrendo al pubblico uno spettacolo spassoso e leggero.

Un’opera incredibilmente divertente ma anche una fonte preziosa e importante per il suo valore storico-linguistico che può essere usata come lente attraverso cui analizzare e commentare la contemporaneità. Insomma, un Plauto modernissimo: quante volte pensiamo di aver di fronte qualcuno ed invece abbiamo di fronte qualcun altro sbagliando le nostre valutazioni? O viceversa: quanto spesso non siamo all’altezza dei ruoli che gli altri ci danno? Questo ormai accade tanto nella vita vera, quella di tutti i giorni, quanto (se non soprattutto) in quella digitale, quella dei social.

Emilio Solfrizzi
Emilio Solfrizzi

22 ottobre / 3 novembre
VIOLANTE PLACIDO, NINNI BRUSCHETTA, WOODY NERI
1984 di George Orwell
regia GIANCARLO NICOLETTI

1984, o un anno di un futuro qualsiasi. Il mondo è diviso in tre superstati in guerra fra loro: Oceania, Eurasia ed Estasia. L’Oceania è governata dal Grande Fratello, che tutto vede e tutto sa. I suoi occhi sono le telecamere che spiano di continuo nelle case, il suo braccio la Polizia Mentale che interviene al minimo sospetto. Tutto è permesso, non c’è legge scritta. Niente, apparentemente, è proibito. Tranne pensare. Tranne amare. Tranne divertirsi. Insomma: tranne vivere, se non secondo i dettami del Grande Fratello.

Perfino i bambini sono diventati spie e così sono chiamati; la guerra è permanente, non importa contro quale nemico, e i teleschermi, insieme alle videocamere, controllano tutti. Winston Smith, un uomo comune che lavora al Ministero della Verità, è solo un ingranaggio del sistema che tiene un diario clandestino in cui annota i suoi ricordi, le sue verità e le sue domande più profonde.

Anche se non c’è “amore tranne quello per il Grande Fratello, non c’è lealtà se non quella verso il Partito”, Winston si innamora di Julia, pur avendo paura che sia una spia pronta a consegnarlo alle torture del Grande Fratello. Nel disperato tentativo di vivere una vita normale, dovrà scoprire di chi e di cosa può fidarsi.

5 / 17 novembre
ALESSANDRO PREZIOSI, NANDO PAONE
ASPETTANDO RE LEAR di Tommaso Mattei
regia ALESSANDRO PREZIOSI

Alessandro Preziosi torna al Teatro Quirino di Roma, dopo i successi di Napoli Teatro Festival e Teatro Romano di Verona e al culmine di una lunga tournee nei più importanti teatri italiani con lo spettacolo “Aspettando Re Lear” versione contemporanea dell’omonima celebre tragedia scespiriana che si concentra sulle vicende dei personaggi positivi della trama approfondendo con grande attualità il rapporto tra padri e figli scandagliato mirabilmente dalla poesia del Bardo.

La regia di Alessandro Preziosi con immersiva visionarietà si avvale dell’innovativa presenza nello spazio scenico delle opere del maestro Michelangelo Pistoletto, materiali artistici che rappresentano tutto il percorso del maestro biellese e che si animano magicamente della presenza degli attori definendo la scacchiera onirica e concettuale della messa in scena. Le musiche originali rinnovando la lunga collaborazione tra Alessandro Preziosi e Giacomo Vezzani seguono con tensione e pathos tutto il percorso della discesa nella follia del patriarca scespiriano e lo sprofondare nell’oblio della cecità della fidata corte alternando ritmi martellanti a struggenti epiche fino al commovente finale.

Alessandro Preziosi è affiancato da Nando Paone nel ruolo di Gloucester, già interprete di uno straordinario Sganarello nella fortunata edizione del Don Giovanni di Alessandro Preziosi, rappresentato con successo proprio al Teatro Quirino e da una compagnia affiatata di interpreti tra cui spiccano Roberto Manzi nel ruolo di Kent e Valerio Ameli nel ruolo di Edgar.

19 novembre / 1 dicembre
ETTORE BASSI
TRAPPOLA PER TOPI di Agatha Christie
regia GIORGIO GALLIONE

Le parole del regista: “Il 25 novembre 1952 all’Ambassadors Theatre di Londra andava in scena per la prima volta “Trappola per topi” di Agatha Christie. Da allora, per 70 anni ininterrottamente, il sipario si è alzato su questa commedia “gialla” senza tempo e di straordinaria efficacia scenica. Ed ora tocca a noi… Non è consueto per me, spesso regista drammaturgo in proprio, misurarmi con un classico della letteratura teatrale. Certo da interpretare, ma da servire e rispettare.

Ma non ho avuto dubbi ad accettare. Perché “Trappola per topi” ha un plot ferreo ed incalzante, è impregnata di suspense ed ironia, ed è abitata da personaggi che non sono mai solo silhouette o stereotipi di genere, ma creature bizzarre ed ambigue il giusto per stimolare e permettere una messa in scena non polverosa o di cliché. In fondo è questo che cerco nel mio lavoro: un mix di rigore ed eccentricità. D’altronde, dice il poeta, il dovere di tramandare non deve censurare il piacere di interpretare. Altra considerazione: nonostante l’ambientazione d’epoca e tipicamente British, il racconto e la trama possono essere vissuti come contemporanei, senza obbligatoriamente appoggiarsi sul già visto, un po’ calligrafico o di maniera, fatto spesso di boiserie, kilt, pipe e tè.

Stereotipi della Gran Bretagna non lontani dalla semplicistica visione dell’Italia pizza e mandolino. Credo che i personaggi di Trappola nascano ovviamente nella loro epoca, ma siano vivi e rappresentabili oggi, perché i conflitti, le ferite esistenziali, i segreti che ognuno di loro esplicita o nasconde sono quelli dell’uomo contemporaneo, dell’io diviso, della pazzia inconsapevole. E credo riusciremo a dimostrarlo grazie alla potenza senza tempo di Agatha Christie, ma anche e soprattutto con il talento e l’adesione di una compagnia di artisti che gioca seriamente con un’opera “chiusa” e precisa come una filigrana, che però lascia spazio all’invenzione e alla sorpresa, una promessa di imprevedibilità e insieme di esattezza.

E poi c’è la neve, la tormenta, l’incubo dell’isolamento e della bivalenza, il sospetto e la consapevolezza che il confine tra vittima e carnefice può essere superato in qualsiasi momento. Ingredienti succosi ed intriganti che spero intrappoleranno il pubblico”.

3 / 8 dicembre
SIMONE CRISTICCHI
FRANCISCUS – Il folle che parlava agli uccelli di Simone Cristicchi
regia SIMONE CRISTICCHI

Franciscus, il rivoluzionario. Franciscus, l’estremista. Franciscus, l’innamorato della vita. Franciscus, che visse per un sogno. Franciscus, il folle che parlava agli uccelli. Franciscus, che vedeva la sacralità e la bellezza in ogni volto di persona ma anche di animale, e non solo in essi ma anche nel sole, nella morte, nella terra su cui camminava insieme agli altri. In cosa risiede l’attualità, del suo messaggio? Cosa può dirci la filosofia del “ricchissimo” di Assisi, nella confusione della modernità affamata di senso, nelle promesse tradite del progresso?

Dopo il grande successo di Happy Next, Simone Cristicchi continua a stupire il pubblico teatrale con un nuovo progetto in solo che realizza con il Centro Teatrale Bresciano, dedicato questa volta a San Francesco. Tra riflessioni, domande e canzoni inedite – che portano la firma dello stesso Cristicchi e della cantautrice Amara – l’artista romano indaga e racconta il “Santo di tutti”, che è stato innanzitutto un uomo in crisi, consumato dai dubbi, un laico che imparava facendo, si perfezionava incontrando, e il cui esempio riuscì ad attrarre una comunità, ma non senza destare sospetti di alcuni del popolo.

Uno in particolare, Cencio, stracciaiolo girovago, inventore di una lingua solo sua, osservatore critico del viaggio di Francesco, interpretato dallo stesso Cristicchi. Al centro di questo spettacolo, il labile confine tra follia e santità, tema cardine della vita personale e spirituale di Francesco. Ma anche la povertà, la ricerca della perfetta letizia, la spiritualità universale, l’utopia necessaria di una nuova umanità che riesca a vivere in armonia con il creato. Temi che nel frastuono della società in cui viviamo diventano ancora più urgenti e vividi. Uno spettacolo ad alta intensità emotiva, che fa risuonare potenti in noi le domande più profonde e ci spinge a ricercarne una possibile risposta.

Simone Cristicchi - Paradiso (Danilo Puccioni, Simone Borghini, Stefano Bertoncini)
Simone Cristicchi (Danilo Puccioni, Simone Borghini, Stefano Bertoncini)

10 / 15 dicembre
CRISTIANA CAPOTONDI
LA VITTORIA È LA BALIA DEI VINTI di Marco Bonini
regia MARCO BONINI

Una mamma di oggi mette al letto la sua bambina di 6 anni che le chiede, come storia della buonanotte, di raccontarle qualcosa di quando lei, la sua mamma, era bambina. La mamma pesca nella memoria e le viene in mente l’avventura della bis-nonna Vittoria e di come il 25 settembre 1943, giorno del bombardamento a Firenze, aveva aiutato due gemelli.

In un racconto tra l’evocazione fiabesca e la ricostruzione storica, la mamma rievoca la notte di Firenze sotto il fuoco “alleato” quando uno stormo di 36 aerei Wellington inglesi, mirando all’importante nodo ferroviario della stazione di Campo di Marte, manca inesorabilmente l’obiettivo ferroviario causando così la morte di centinaia di civili e pesanti devastazioni nelle zone adiacenti la ferrovia.

Quella notte Nonna Vittoria è nascosta nel rifugio improvvisato nelle cantine di Palazzo Pitti, dove risiede in quanto moglie del sovraintendente ai beni culturali di Firenze. Quella notte Nonna Vittoria non si trova ad affrontare solo l'incubo della guerra, ma anche la vertigine di tabù sociale, allattare i due gemelli della sua balia che per lo shock aveva perso il latte. La guerra è uguale per tutti e sotto le bombe non ci sono più corti e signorie, piani alti e piani bassi, scale da scendere o da salire.

Quando cadono le bombe dal cielo siamo tutti allo stesso piano, tutti nascosti in cantina. Lì sotto una madre vale una madre, un bambino un bambino, una balia un seno pieno di latte. Quando siamo tutti sotto le bombe non ci sono più vincitori né vinti. Sotto le bombe la Signora può servire la serva. Sotto le bombe la Vittoria è la balia dei vinti.

17 / 22 dicembre
UGO DIGHERO
L’AVARO di Molière
regia LUIGI SARAVO

Ugo Dighero, già apprezzatissimo protagonista di opere di Stefano Benni e Dario Fo, si confronta per la prima volta con una grande classico, interpretando Arpagone nel nuovo allestimento diretto da Luigi Saravo. Nella commedia di Molière si assiste a un epico scontro tra sentimenti e soldi. Il protagonista è disposto a sacrificare la felicità dei figli, pur di non dovere fornire loro una dote e anzi acquisire nuove ricchezze attraverso i loro matrimoni.

«L’Avaro di Molière ruota attorno a un tema centrale, cui tutti gli altri si riconnettono: il danaro – afferma il regista – Il conflitto tra Arpagone e il suo entourage è il conflitto tra due visioni economiche: una consumistica e una conservativa. Nella nostra contemporaneità, in cui vige l’imperativo di far circolare il danaro inseguendo una crescita economica infinita, il gesto immobilista di Arpagone, ossessionato dall’idea di non intaccare il proprio patrimonio, suona quasi sovversivo, in opposizione alla tirannia del consumo».

La regia di Saravo ambienta lo spettacolo in una dimensione che rimanda al nostro quotidiano, giostrando riferimenti temporali diversi, dagli smartphone agli abiti anni Settanta agli spot che tormentano Arpagone (la pubblicità è il diavolo che potrebbe indurlo nella tentazione di spendere il suo amato denaro). Anche le musiche originali di Paolo Silvestri si muovono su piani diversi, mentre la nuova traduzione di Letizia Russo, fresca e diretta, contribuisce a dare al tutto un ritmo contemporaneo.

A fianco di Ugo Dighero, Mariangeles Torres è impegnata in un doppio ruolo: sarà Freccia, il servitore che sottrae la cassetta di denaro di Arpagone, e la domestica / mezzana Frosina, ovvero i due personaggi che muovono l’azione, scatenando l’irresistibile gioco degli equivoci, sino al ribaltamento di tutte le carte in tavola.

25 dicembre / 6 gennaio
ROMA CITY BALLET COMPANY
LO SCHIACCIANOCI musiche P.I. Čajkovskij
regia e coreografia LUCIANO CANNITO

Lo Schiaccianoci è il titolo di balletto del repertorio classico più rappresentato al mondo. Questa versione firmata da Luciano Cannito, basata sulla versione originale di Petipa del celebre balletto di repertorio classico, e prodotta da Fabrizio Di Fiore Entertainment per Roma City Ballet Company è una delle versioni di maggior successo rappresentate in Italia negli ultimi anni e può vantare fino ad oggi quasi tutti sold out nei teatri dove è stato rappresentata.

Creata per il Teatro Massimo di Palermo e poi ripresa dal Teatro San Carlo di Napoli, questa edizione con 32 interpreti, scene di Italo Grassi, costumi di Giusi Giustino e luci di Alessandro Caso, si avvale della partecipazione di artisti ospiti internazionali del calibro delle star Iana Salenko, Dinu Tamazlacaru, Ksenia Ovsianick ed Evelina Godunova che si alternano come guest etoiles accanto ai danzatori di Roma City Ballet Company.

Nella versione coreografica di Luciano Cannito, ha un ruolo determinante il misterioso Drosselmeyer, il quale colpito dalla generosità della piccola Clara, decide di regalarle nella notte di Natale un sogno meraviglioso nel mondo delle favole, facendola guidare dal Principe Schiaccianoci e dalla Fata Confetto, in un regno fatato di giocattoli che diventano figure animate, principi e principesse di tutte le nazioni.

7 / 12 gennaio
GIANLUCA GUIDI, GIAMPIERO INGRASSIA
LA STRANA COPPIA di Neil Simon
regia GIANLUCA GUIDI

LA STRANA COPPIA, è un esempio di come Neil Simon, il più geniale e prolifico autore del teatro comico della seconda metà del ‘900, riesca sempre a trovare quel pizzico di simpatica follia nella vita di tutti i giorni. Si narra la difficile e complicata convivenza tra due uomini dalle personalità diametralmente opposte. I due personaggi, Felix ed Oscar, accomunati da un divorzio alle spalle, decidono di andare a vivere insieme in un appartamento situato in uno dei tanti grattacieli sulla Riverside Drive, a New York.

Questo incontro-scontro quotidiano darà vita a continue ed esilaranti gags garantendo sicuro divertimento nella nuova versione teatrale proposta ed interpretata dalla “inedita” coppia Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia. A Oscar che gli propone di continuare a vedersi insieme agli altri amici per il solito pokerino, malgrado le ultime clamorose litigate, Felix risponde di non aver chiuso affatto con il poker, perché i matrimoni vanno e vengono, ma la partita è come lo show: deve continuare. Succede nel finale di questa strepitosa commedia di Neil Simon.

I due si salutano con un lapsus che più freudiano non si può: si chiamano con i nomi delle rispettive mogli dalle quali hanno divorziato da tempo o stanno per divorziare. Commedia singolarissima e particolarmente attuale.

Giampiero Ingrassia - Doctor Faust
Giampiero Ingrassia

14 / 19 gennaio
FILIPPO DINI
I PARENTI TERRIBILI di Jean Cocteau
regia FILIPPO DINI

Considerata la più perfetta opera teatrale di Jean Cocteau, I parenti terribili rappresenta uno spaccato crudele della società, un atto storico con cui l’autore rompe, almeno formalmente, col teatro di raffinata e astratta acrobazia intellettuale, che sino allora aveva avuto in lui uno dei più fertili campioni, per accostarsi ad un tipo di teatro molto più tradizionale, costruito secondo regole collaudate e codificate care al teatro borghese. Scrivendola, Cocteau ha voluto sfidare quel pubblico di élite per il quale aveva sempre lavorato, e stabilire un contatto con le grandi platee mediante un linguaggio meno esoterico. Il tentativo si è rivelato felice, giacché I parenti terribili hanno costituito uno dei più grossi successi ottenuti da Cocteau come autore drammatico.

Il testo racconta la storia di una famiglia davvero terribile, che vive reclusa in sé stessa, avulsa da qualsiasi stimolo esterno. Michel è un giovane uomo viziato e amato morbosamente dalla madre Yvonne. Quando annuncia ai suoi genitori di amare Madeleine, la disperazione divora la donna, che teme di perdere il figlio, mentre oscuri segreti sulla famiglia vengono a galla. Con questo testo, da lui diretto e interpretato, Filippo Dini prosegue l’indagine nell’inferno familiare che ha avuto in Casa di bambola, e più di recente in agosto a Osage County, due esempi mirabili, definendo una cifra stilistica che pone al centro il lavoro dell’attore e reinterpreta in modo inedito l’idea di un nuovo capocomicato.

La vicenda è nota. Yvonne è una donna non più giovane che ha negato l’amore al marito e l’ha concentrato sul suo unico figlio Michel, al quale è morbosamente attaccata mediante un cordone ombelicale rinforzato infrangibile. Prima complicazione: questa madre ha una sorella, la zia Leonie, che era stata fidanzata ed è tuttora innamorata di Georges, il padre di Michel, ma lo ha ceduto alla sorella Yvonne, e ora vive in famiglia condizionando sottilmente le vite degli altri tre. Seconda complicazione: il figlio ha una giovane amante, Madeleine; la ragazza è però anche la mantenuta di un cinquantenne che per prudenza le si è presentato sotto falso nome, e con il danaro di costui supporta in modo sostanziale le finanze di Michel.

Terza complicazione: questo cinquantenne, a insaputa di tutti, è proprio Georges. Ultima complicazione: dea ex machina, e motrice più o meno occulta di tutte le azioni dei suoi congiunti, nonché della giovane Madeleine, risulta la temibile Leonie. Ne emerge il ritratto di una famiglia disfunzionale, che Cocteau orchestra come una travolgente sinfonia umana.

21 gennaio / 2 febbraio
SERGIO RUBINIDANIELE RUSSO
IL CASO JEKYLL di Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini
regia SERGIO RUBINI

Le parole del regista Sergio Rubini: “Partendo dalla considerazione che il celebre romanzo di Stevenson “Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde” sia un’apologia sulla condizione umana avendo come tema centrale il doppio, che poi è il doppio che alberga in ognuno di noi, abbiamo sviluppato una drammaturgia che avesse una chiave più chiaramente psicanalitica, più vicina a quelle teorie che si svilupparono quasi mezzo secolo dopo la pubblicazione del racconto stevensoniano, e che ebbero il massimo dell’espressione negli approdi scientifici prima di Freud, poi di Jung.

Il nostro testo, infatti, spogliato da qualsiasi soluzione allegorica usata da Stevenson e che dà il carattere fantastico a tutta la storia, in testa a tutti la metamorfosi di Jekyll in Hyde attraverso un esperimento chimico, la cosiddetta “pozione”, è piuttosto un viaggio nell’inconscio, nella fattispecie di un famoso luminare della medicina, Henry Jekyll, che ambendo all’individuazione di quelle che sono le cause della malattia mentale, si fa cavia e diventa poi vittima delle sue stesse teorie, tirando fuori dalla caverna del conscio ciò che è a lui stesso nascosto, la sua ombra, il suo Hyde.

Da ciò si evince chiaramente come il racconto da cui siamo partiti, sia in effetti solo d’ispirazione a una storia più vicina ai temi della nostra contemporaneità che offra allo spettatore la possibilità non solo di rispecchiarsi in quelli che sono i pericoli ma anche i piaceri che scaturiscono dalla propria ombra, ma anche di essere uno spunto di riflessione sulla necessità di dialogare col proprio inconscio, portarlo fuori e condividerlo con la collettività nonostante la tendenza della società di reprimere tutto ciò che esca dal canone e che spesso coincide invece con l’autentico, per evitare che la nostra ombra scavi in solitudine un tunnel nel nostro io di sofferenze e violenza”.

Il bene mio Sergio Rubini
Sergio Rubini

11 / 16 febbraio
ANNA DELLA ROSA, VALTER MALOSTI
ANTONIO E CLEOPATRA di William Shakespeare
regia VALTER MALOSTI

Antonio e Cleopatra sono gli straripanti protagonisti di un’opera basata sulle opposizioni: maschile e femminile, dovere e desiderio, letto e campo di battaglia, giovinezza e vecchiaia, antica verità egiziana e realpolitik romana. Politicamente scorretti e pericolosamente vitali, al ritmo misterioso e furente di un Baccanale Egiziano vanno oltre la ragione e ai giochi della politica. Inimitabili e Impareggiabili, neanche la morte li può contenere.

«Di Antonio e Cleopatra – racconta Valter Malosti, qui nella duplice veste di regista e interprete – la mia generazione ha impresso nella memoria soprattutto l’immagine, ai confini con il kitsch, della coppia hollywoodiana Richard Burton – Liz Taylor. Ma su quest’opera disincantata e misteriosa, che mescola tragico, comico, sacro e grottesco, su questo meraviglioso poema filosofico e mistico (e alchemico) che santifica l’eros, che gioca con l’alto e il basso, scritto in versi che sono tra i più alti ed evocativi di tutta l’opera shakespeariana aleggia, per più di uno studioso, a dimostrarne la profonda complessità, l’ombra del nostro grande filosofo Giordano Bruno: un teatro della mente che esige un nuovo cielo e una nuova terra».

18 febbraio . 2 marzo
FLAVIO INSINNA, GIULIA FIUME
GENTE DI FACILI COSTUMI di Nino Marino e Nino Manfredi
regia LUCA MANFREDI

Andato in scena per la prima volta nel 1988, con lo stesso Nino Manfredi nei panni del protagonista, questo testo è considerato ancora oggi uno dei più eclatanti apparso sulle scene teatrali italiane negli ultimi decenni. Protagonisti della pièce sono Anna – nome d’arte “Principessa” – una prostituta disordinata e rumorosa che sogna di diventare “giostraia” e Ugo, l’inquilino del piano di sotto, un intellettuale che vivacchia scrivendo per la tv e per il cinema ma che sogna di fare film d’arte.

La vicenda prende il via la notte in cui Ugo sale al piano di sopra per lamentarsi con la coinquilina che tornando a notte fonda e accendendo il giradischi l’ha svegliato e lei, per la confusione, lascia aperto il rubinetto dell’acqua della vasca allagando irrimediabilmente l’appartamento di lui. Ugo sarà costretto quindi, anche a causa di uno sfratto, a trovare rifugio dalla “Principessa”. Con questa convivenza forzata inizia un confronto/scontro costellato di incidenti e incomprensioni, ma anche un curioso sodalizio, dove ciascuno condivide con l’altro ciò che ha.

Le reciproche posizioni vanno mano a mano ammorbidendosi perché diventa chiaro che ad incontrarsi non sono state solo due vite agli antipodi, ma soprattutto due sogni all’apparenza irrealizzabili. Dall’incontro tra Anna e Ugo nasce un turbine di disastri, malintesi, ilarità e malinconie pienamente in sintonia con l’immagine che il loro autore, Nino Manfredi, ha lasciato nel ricordo di ognuno di noi. Ecco come Manfredi presentava il suo testo: “Gente di facili costumi è una commedia che sviluppa, in maniera paradossale, un fondamentale problema etico.

In una società come la nostra, dove tutto si avvilisce e si corrompe, che valore hanno ancora l’onestà, la dignità, il rispetto dei più profondi valori umani? Lo sport […] diventa sempre più truffa e violenza. Gli ideali politici […] difendono gli interessi più strettamente privati. La creatività e la fantasia sono messi al servizio dell’imbonimento pubblicitario […]. Senza continuare a fare altri esempi, è evidente che viviamo in una società in cui i valori più elevati vengono svenduti e liquidati, perché il bello, il buono e il vero sono asserviti all’utile”

4 / 9 marzo
VERONICA PIVETTI
L’INFERIORITÀ MENTALE DELLA DONNA di Giovanna Gra
regia GRA&MRAMOR

L’idea che le donne siano state considerate, per secoli, fisiologicamente deficienti può suggerirci qualcosa? Il nostro spettacolo nasce da questa domanda e mette in scena testi che in pochi conoscono, fra i più discriminanti, paradossali e, loro malgrado, esilaranti scritti razionali del secolo scorso. Veronica Pivetti, moderna Mary Shelley ci racconta, grazie a bizzarre teorie della scienza e della medicina, l’unico, vero, orrorifico Frankenstein della storia moderna: la DONNA.

“Come stanno le cose riguardo ai sessi? Un vecchio proverbio ci suggerisce: capelli lunghi, cervello corto”. Esordisce così Paul Julius Moebius – assistente nella sezione di neurologia di Lipsia – nel piccolo compendio “L’inferiorità mentale della donna” scritto nel 1900, opportunamente definito un evergreen del pensiero reazionario. Donne dotate di crani piccoli, peso del cervello insufficiente… secondo Moebius le signore sono provviste di una totale mancanza di giudizi propri. “Per giunta dopo poche gravidanze decadono e, come si dice molto volgarmente, rimbambiscono”. Non solo. Le donne che pretendono di pensare sono moleste e “la riflessione non fa che renderle peggiori”.

A queste dichiarazioni fa eco il medico, antropologo, giurista e criminologo italiano Cesare Lombroso: le donne mentono e spesso uccidono, lo dicono i proverbi di tutte le regioni. Fortunatamente, i cervelli delle donne sane pesano più di quelli delle donne criminali. Ed ecco un rapido excursus su delitti eccellenti, per esempio quello compiuto da Agrippina, o da Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio. “Le donne hanno un solo nemico” rilancia Moebius “il tempo, a cui, però, dopo qualche anno di matrimonio soccombono, sia diventando sciocche, sia disseccandosi sotto forma di vecchie zitelle stravaganti”.

Del resto, laddove si riscontra del talento, la psiche femminile manifesta un evidente ermafroditismo psichico. Sylvain Maréchal scrittore, avvocato e sedicente rivoluzionario, con il suo “Progetto di legge per vietare alle donne di leggere” sostiene che “imparare a leggere è per le donne qualcosa di superfluo e nocivo al loro naturale ammaestramento”, d’altro canto “la ragione vuole che le donne contino le uova nel cortile e non le stelle nel firmamento”.

Veronica Pivetti - Credits Assunta Servello
Veronica Pivetti (foto Assunta Servello)

11 / 16 marzo
GIUSEPPE PAMBIERI, PAOLA QUATTRINI
LA SIGNORA OMICIDI di William Arthur Rose
regia GUGLIELMO FERRO

Dal celebre racconto di William Rose e ispirato all’omonimo film di Mackendrick, Lady Killers, Mario Scaletta ha tratto l’adattamento teatrale di La Signora Omicidi. È una commedia ricca di humor e di divertenti intrighi, situazioni ambigue ed equivoci esilaranti, ambientata in una Londra anni Cinquanta, città che fa da sfondo all’improbabile incontro fra Louise Wilberforce, arzilla e svanita affittacamere, e il misterioso Professor Marcus, presunto musicista, in realtà capobanda di un gruppo di pericolosi malviventi che Louise Wibelforce finirà per smascherare.

Nei panni della svanita ed arzilla Louise Wilberforce e del misterioso Professor Marcus, i bravissimi Paola Quattrini e Giuseppe Pambieri diretti da Guglielmo Ferro.

18 / 23 marzo
FRANCO BRANCIAROLI, 
SIOR TODERO BRONTOLON di Carlo Goldoni
regia PAOLO VALERIO

«Quale maggior disgrazia per un uomo, che rendersi l’odio del pubblico, il flagello della famiglia, il ridicolo della servitù? Eppure non è il mio Todero un carattere immaginario. Purtroppo vi sono al mondo di quelli che lo somigliano; e in tempo che rappresentavasi questa commedia, intesi nominare più e più originali, dai quali credevano ch’io lo avessi copiato». Anche oggi non è raro incappare in un “brontolòn” come il Todero di Carlo Goldoni che precedeva la commedia racchiudendo queste riflessioni ne “L’autore a chi legge” e si stupiva di come un lavoro incentrato su un personaggio tanto odioso e negativo potesse aver ricevuto dal pubblico un tale successo.

“Sior Todero Brontolòn” scritta nel 1761 e presentata al Teatro San Luca di Venezia l’anno successivo, fu infatti accolta con molto calore, ripresa per 10 repliche a gennaio e poi nuovamente a febbraio, a ottobre… Sior Todero risponde – come carattere – al modello dei rusteghi, ma dei quattro burberi veneziani perde qualsiasi accento bonario. La trama lo vuole avaro, imperioso, irritante con la servitù, opprimente con il figlio e la nipote, diffidente e permaloso verso il mondo. Sembrerebbe impossibile empatizzare con una simile figura. Eppure il capolavoro di Goldoni – e la figura di Todero, scritta in modo magistrale – sono stati molto ambiti dai teatri e dai più grandi attori, da Cesco Baseggio, a Giulio Bosetti, a Gastone Moschin.

Ora questo indifendibile “brontolòn” attira un maestro del palcoscenico contemporaneo come Franco Branciaroli, che – diretto da Paolo Valerio – ne offrirà una nuova straordinaria e inaspettata interpretazione. Dopo l’originale e dissacrante interpretazione di Shylock nel “Mercante di Venezia” shakespeariano, Paolo Valerio e Franco Branciaroli si apprestano a stupire il pubblico con la rilettura di un classico del teatro italiano, che molto ancora può suggerire alla sensibilità contemporanea.

Basti pensare – a fronte di una figura di protagonista tanto imponente e attrattiva – al ruolo sottile e risolutivo che Goldoni affida, nella commedia, al mondo femminile, l’unico che nello sviluppo drammaturgico appare pienamente positivo: sarà l’alleanza fra la coraggiosa nuora del vecchio avaro e l’intelligente vedova Fortunata a salvare la giovane Zanetta da un matrimonio impostole per mero interesse e foriero di infelicità.

Sarà riconsegnata all’amore generoso e vero in un finale che – in tempi in cui il concetto di “patriarcato” domina le nostre cronache nelle sue accezioni più distorte e plumbee – intreccia in prospettiva, alla gioiosità della risoluzione, una venatura di turbamento.

25 / 30 marzo
GIAMPIERO INGRASSIA, MARIANELLA BARGILLI
TI HO SPOSATO PER ALLEGRIA di Natalia Ginzburg
regia EMILIO RUSSO

Stuzzicante. Gustosa. Stratificata. Come la parmigiana di melanzane che, chissà perché, è l’unico menù previsto da Giuliana che ha appena sposato il semisconosciuto Pietro. TI HO SPOSATO PER ALLEGRIA è la prima delle undici commedie di Natalia Ginzburg. La scrive nel 1965, tre anni dopo avere vinto il Premio Strega con il suo capolavoro Lessico Famigliare. Come in quasi tutta la sua produzione affronta ancora temi eterni come l’amore, le relazioni, le madri, la morte, la diseguaglianza sociale.

E ancora una volta ne parla quasi senza parlarne raccontando storie in apparenza semplici e familiari con la lingua concreta di tutti i giorni. Ti ho sposato per allegria nel suo inconsueto articolarsi tra assenze e presenze è una sorta di vertigine, di labirinto che conduce nello stesso punto dal quale si è partiti e da dove si riparte forse cercando un altro percorso. Chissà? Da qualche parte prima o poi si dovrà uscire. O forse no, proprio come in quella cosa che continuiamo a chiamare vita.

1 / 13 aprile
MONI OVADIA, GIULIO CORSO
MOBY DICK di Herman Melville
regia GUGLIELMO FERRO

Moby Dick è la storia di un’ossessione epica che ha la fisionomia di una tragedia shakesperiana, tale è il senso drammatico dei suoi personaggi. Moby Dick non è una balena, è una condanna, una maledizione che diventa sfida tra uomini. Il Pequod è il vascello stregato che porta la ciurma verso la perdizione. Il doblone d’oro sull’albero del Pequod e il patto di sangue dei marinai sono la chiamata mefistofelica verso gli abissi della non-conoscenza. Achab è ossessionato dalla vendetta, è uomo empio che disconosce Dio, l’uomo dell’oltre e della violazione.

Starbuck è il suo alter ego, voce della prudenza, della coscienza, testimone di una visione teocentrica che si scaglia contro la blasfemia dell’odio di Achab verso la balena bianca. In questo Moby Dick diretto da Guglielmo Ferro, che vede in Moni Ovadia lo straordinario protagonista, la narrazione teatrale inizia sul Pequod, dove si consumerà la tragedia di tutti i personaggi – Queequeg, Pip, Ismaele, Lana caprina, Tashtego, Flask, Daggoo, Stubb, Fedallah – in un susseguirsi frenetico di tempeste, battute di caccia, avvistamenti, bonacce, canti, riti pagani e preghiere.

E se nella ricerca maniacale di Moby Dick è la follia a guidare il capitano Achab, è sul piano del conflitto umano contro Starbuck che Achab conosce l’orrore: la parte recondita della sua stessa coscienza. La malattia di Achab è Moby Dick, ma Starbuck ne è la manifestazione clinica. Moby Dick gli fa male con la sua “assenza” lì dove Starbuck lo fa con la sua “presenza”. Un conflitto posto sullo stesso piano, uno specchio dove galleggia il peccato originale…una balena bianca in un abisso nero. E poi lo specchio si crepa. Non c’è redenzione sul Pequod, solo una fitta nebbia.

22 / 27 aprile
LUCA BIZZARRI, FRANCESCO MONTANARI
IL MEDICO DEI MAIALI di Davide Sacco
regia DAVIDE SACCO

Il re d’Inghilterra muore all’improvviso durante l’inaugurazione di un albergo in Scozia. Fuori, il temporale impedisce al medico di palazzo per arrivare a costatare il decesso. Tale compito viene assegnato all’unico medico presente presso la struttura, ma il caso vuole che sia un veterinario, specializzato in maiali. Il veterinario capisce che il re non è morto d’infarto come i consiglieri vogliono far credere, ma sta al gioco.

Nel frattempo, arriva in albergo il principe ereditario, un giovane scialbo e, a suo stesso dire, stupido, vestito da nazista perché stava partecipando a una festa a tema durante il gay pride. Il principe chiede di rimanere solo con il medico. Deve preparare il suo primo discorso alla nazione e non sa dove mettere le mani. Il veterinario, attraverso una raffinata strategia, convince il principe che l’unico modo per passare alla storia è incolparsi pubblicamente dell’assassinio del re e, contestualmente, sciogliere la monarchia. Il principe, inizialmente contrariato, sembra però esaltarsi a quest’idea.

Subito dopo, il medico riesce a convincere anche uno dei due consiglieri che l’unico modo per salvare l’Inghilterra non è uccidere il re, ma uccidere il concetto stesso di monarchia. Sembra che tutto proceda secondo i piani del veterinario, quando il principe ereditario rientra, pronto per il suo primo discorso da monarca. Ma il ragazzo sciocco e sprovveduto che era uscito dalla porta è cambiato, il potere ha iniziato a impossessarsi di lui. Il principe inizia a umiliare il medico, ribadendo la differenza tra chi regna e chi serve. Coinvolge in questo gioco al massacro anche i consiglieri e le guardie, fino a uccidere per sbaglio il povero veterinario.

Sesto potere - Francesco Montanari
Sesto potere – Francesco Montanari

29 aprile / 11 maggio
CRISI DI NERVI tre atti unici di Anton Čechov
regia PETER STEIN

Dopo il successo de IL COMPLEANNO di Harold Pinter nella passata stagione, il grande regista tedesco Peter Stein dirige la medesima straordinaria compagnia mettendo in scena CRISI DI NERVI, ovvero tre atti unici di Anton Cechov, tornando ad uno dei suoi autori di riferimento e creando una non consueta modalità produttiva artistica attorno ad un gruppo di attori e collaboratori, per una continuità creativa collettiva di notevole spessore.

Stein ha scelto L’ORSO, I DANNI DEL TABACCO, DOMANDA DI MATRIMONIO e per l’interpretazione di MADDALENA CRIPPA, ALESSANDRO AVERONE, GIANLUIGI FOGACCI, FERNANDO MARAGHINI, ALESSANDRO SAMPAOLI, EMILIA SCATIGNO e CARLO BELLAMIO che si alterneranno nelle varie pièce, che lo stesso Cechov non ancora trentenne definiva “scherzi scenici”: sono i drammi più piccoli del mondo… in generale, è molto meglio scrivere cose piccole che grandi: poche pretese e successo assicurato.

Cos’altro? In realtà gli atti unici del grande autore russo sono stati rappresentati in tutto il mondo. Scritti tra il 1884 e il 1891 e ispirati alla commedia francese e al genere del vaudeville, molto alla moda in Francia ai tempi di Cechov, sono stati fonte di ispirazione e di studio per gli attori e gli scrittori di teatro e divertimento per intere generazioni di spettatori di tutte le lingue.

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