Teatro Vascello, stagione 2020/21: in cartellone Fabrizio Gifuni, Lino Musella e molti altri, sempre nel rispetto delle norme anti-Covid
Riparte il 29 settembre la Stagione del Teatro Vascello che sceglie di ricominciare da Fabrizio Gifuni, proprio lì dove si era bruscamente interrotta, quasi a voler annullare i mesi di forzata inattività e allontanarne il ricordo.
Quello che si presenta oggi è il cartellone di una Stagione teatrale breve da settembre a dicembre, una Stagione che conferma ancora una volta l’attenzione del Vascello per un teatro d’arte, nonostante le restrizioni dovute alla pandemia. Più avanti verrà presentato il programma della seconda parte – da gennaio a maggio – nella speranza che la situazione possa via via migliorare.
Ad alternarsi sul palcoscenico grandi interpreti e giovani talenti con uno sguardo sempre attento alla contemporaneità. Dopo le repliche dello scorso febbraio, Fabrizio Gifuni torna al Vascello per riannodare il filo di quelle parole con Con il vostro irridente silenzio, studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro, uno spettacolo accolto al suo debutto con commozione ed entusiasmo dal pubblico e dalla critica (dal 29 settembre al 4 ottobre).
Il Teatro ha lavorato per recuperare, almeno in parte, gli spettacoli forzatamente annullati nella scorsa stagione riprogrammandoli nel mese di ottobre.
-Dal 20 al 25 torna finalmente Scannasurice, testo di Enzo Moscato, uno spettacolo emozionante e pluripremiato, diretto da Carlo Cerciello e interpretato da Imma Villa, che è ormai diventato un apprezzato piccolo “cult”;
-Dal 27 al 31 (il 30 riposo) La consuetudine frastagliata dell’averti accanto di Marco Andreoli, diretto e interpretato da Claudia Vismara e Daniele Pilli che, ispirandosi ai Multiversi di Hugh Everett, analizza il complesso universo della vita di coppia e del disgregarsi delle relazioni.
Si ispirano ad Euripide ed Ovidio – due classici lontani nel tempo ma dai contenuti sempre attuali – riproposti in una visione contemporanea:
–Medea adattata e diretta da Gabriele Lavia, una lettura “spogliata” dall’inessenziale e ridotta al nucleo centrale, con la presenza di due soli attori a testimoniare la forza dell’impianto drammaturgico. Lo spettacolo prodotto da Effimera è interpretato da Federica Di Martino e Simone Toni (dal 6 all’11 ottobre);
– Ovidio Heroides Vs Metamorphosys un incontro artistico tra Manuela Kustermann e Cinzia Merlin, pianista e compositrice, impegnate a indagare quel fertile terreno che è la contaminazione delle Arti. Insieme sono riuscite a creare una perfetta sintesi tra parole e musica in cui il classicismo letterario e musicale è rinnovato e rivolto verso i nuovi orizzonti della contemporaneità̀ (prodotto da La Fabbrica dell’Attore, sarà in scena dal 24 al 29 novembre).
Ci offre un ritratto inedito del ‘grande’ Eduardo De Filippo, Tavola tavola, chiodo chiodo… il nuovo spettacolo di Lino Musella, uno degli attori più apprezzati della sua generazione che – durante la pandemia nel cercare conforto e ispirazione nelle parole dei grandi – ha riscoperto l’Eduardo capocomico attraverso un accurato lavoro sui documenti che testimoniano le sue grandi imprese per il teatro (prodotto da Elledieffe e dal Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, sarà in scena dall’1 al 6 dicembre)
Due le formazioni fresche di debutto alla Biennale Teatro di Venezia.
– Leonardo Manzan, romano di origine, milanese di formazione, classe 1992, si è rivelato tra i giovani talenti alla Biennale 2019, dove è stato nuovamente invitato quest’anno a misurarsi con il tema della censura. Affiancato dal suo collaudato team formato da Rocco Placidi, Paola Giannini, in Glory Wall affronta un argomento delicato, affascinante e attuale. (prodotto da La Fabbrica dell’Attore e Elledieffe, sarà in scena dal 13 al 18 ottobre).
– Fabiana Iacozzilli – Premio della Critica 2019 – nel suo ultimo progetto, Una cosa enorme, riflette su un tema intimo e personale come quello della maternità. Partendo dai testi di Sheila Heti e della sociologa Orna Donath, la regista romana esplora le zone più recondite dell’identità femminile tra cultura, natura e istinto personale. In scena Marta Meneghetti e Roberto Montosi (prodotto CrAnPi, La Fabbrica dell’Attore-Teatro Vascello, Fondazione Sipario Toscana – sarà in scena dal 13 al 22 novembre in corealizzazione con Romaeuropa Festival).
A dicembre, Rezza & Mastrella, di casa al Vascello, artisti eclettici sempre pronti a stupire scelgono, in quest’anno così particolare, di aprire – in via del tutto eccezionale – le porte al loro affezionato pubblico che potrà assistere a una delle fasi di realizzazione del loro ultimo lavoro (dal 18 al 23).
Completano il cartellone della prosa altre proposte fuori abbonamento:
- solo per pochi giorni, 10 e 11 novembre – in corealizzazione con Romaeuropa Festival – una produzione della Biennale di Venezia The making of Anastasia, il nuovo lavoro – tutto al femminile – di Martina Badiluzzi, vincitrice della Biennale Teatro College 2019, ispirato alla storia di Anna Anderson, presunta Anastasia Romanov.
- confermata la serata dedicata allo spettacolo vincitore dell’edizione 2020 del Fringe Festival Roma curato da Fabio Galadini: La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza, drammaturgia di Alberto Fumagalli che firma anche la regia insieme a Ludovica D’Auria, con Giacomo Bottoni, Francesco Giordano e Antonio Orlando – compagnia Les Moustaches (2 novembre)
– è in via definizione il programma dedicato ai ragazzi che prenderà l’avvio a dicembre.
Due gli appuntamenti con la danza tra novembre e dicembre:
la compagnia Atacama presenta la sua nuova produzione La danza della realtà un progetto firmato da Patrizia Cavola e Ivan Truol, ispirato all’universo di Alejandro Jodorowsky, musiche originali di Sergio De Vito (dal 3 al 5 novembre);
– A dicembre, con Spellbound 25 si festeggia un importante anniversario della Spellbound Contemporary Ballet con un articolato programma firmato da Marco Goecke, Marcos Morau e Mauro Astolfi (dall’8 al 13).
Curiosità letterarie è invece un ciclo di appuntamenti (tutti i giovedì alle 18.00 in Sala Green, dal 15 ottobre fino a maggio 2021) a cura di Manuela Kustermann: sarà un’occasione per riscoprire pagine inedite della letteratura e rari carteggi epistolari, in compagnia degli attori del Teatro Vascello con i quali condividere alla fine delle letture un aperitivo o una buona tazza di the.
L’acustica del Teatro Vascello si è rivelata negli anni ideale per ospitare la musica classica e per questo si inaugura il 25 ottobre un ciclo di otto appuntamenti che si protrarranno fino a maggio, programmati la domenica mattina alle ore 11, dal titolo Classica senza limiti a cura di Stefano Mhanna.
Concatenata alla crisi sanitaria è quella culturale: i ‘grandi nomi’, le ‘grandi ombre’ appaiono corrose dal tedio, dall’abitudine, dall’eco. La domanda – che riguarda il teatro e dunque la vita – è: come rappresentare il presente, come mettere in scena il futuro, avventandosi in uno spazio incontaminato? Da ottobre, il Teatro inaugura un ciclo di dialoghi, Nuovo Canone dell’Occidente: incontri con i maestri del nostro tempo, coordinati da Davide Brullo, per ipotizzare il canone del futuro. Sarà dato spazio agli artisti che Cristina Campo chiamava “imperdonabili”, autori protagonisti di scelte eccentriche, di esistenze estreme – per esplosività o per interiorità – di opere di accecante bellezza.
Il Vascello desidera ringraziare tutti coloro che, rinunciando al rimborso di biglietti e abbonamenti, hanno sostenuto il Teatro e desidera ringraziare gli artisti e le compagnie in cartellone per la sensibilità e disponibilità dimostrate. Soprattutto desidera ringraziare anticipatamente tutti gli spettatori che verranno al Vascello tra settembre e dicembre: sarà la loro indispensabile presenza a tenere vivo il Teatro, nella consapevolezza che – in un momento come questo – è davvero indispensabile non essere soli per andare avanti. Riaprire è un’impresa non facile, nel rispetto delle norme sanitarie, che comporteranno anche una notevole riduzione dei posti in sala, ciononostante i prezzi dei biglietti non hanno subito aumenti rispetto allo scorso anno.
L’abbonamento a nove spettacoli di prosa – emblematicamente chiamato Mai più soli – è rivolto a coloro che sono vicini al Vascello comprendendo che oggi più che mai è necessario restare insieme per sostenere la vita culturale della città e la vita del Teatro.
Sono in vendita online e al botteghino l’abbonamento Mai più soli (a nove titoli, a turno e posto fisso), la Card Love (a due ingressi, valida solo per alcuni titoli) e i biglietti dei singoli spettacoli. Gli orari di programmazione sono: dal martedì al venerdì ore 21.00, sabato ore 19.00, domenica ore 17.00, lunedì riposo.
Teatro Vascello – Il programma da settembre a dicembre
Dal 29 settembre al 4 ottobre 2020
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17
FABRIZIO GIFUNI
Con il vostro irridente silenzio
Aldo Moro durante la prigionia parla, ricorda, scrive, risponde, interroga, confessa, accusa, si congeda. Moltiplica le parole su carta: scrive lettere, si rivolge ai familiari, agli amici, ai colleghi di partito, ai rappresentanti delle istituzioni; annota brevi disposizioni testamentarie. E insieme compone un lungo testo politico, storico, personale – il cosiddetto memoriale – partendo dalle domande poste dai suoi carcerieri.
Le lettere e il memoriale sono le ultime parole di Moro, l’insieme delle carte scritte nei 55 giorni della sua prigionia: quelle ritrovate o, meglio, quelle fino a noi pervenute. Un fiume di parole inarrestabile che si cercò subito di arginare, silenziare, mistificare, irridere. Moro non è Moro, veniva detto. La stampa, in modo pressoché unanime, martellò l’opinione pubblica sconfessando le sue parole, mentre Moro urlava dal carcere il proprio sdegno per quest’ulteriore crudele tortura. A distanza di quarant’anni il destino di queste carte non è molto cambiato. Poche persone le hanno davvero lette, molti hanno scelto di dimenticarle.
I corpi a cui non riusciamo a dare degna sepoltura tornano però periodicamente a far sentire la propria voce. Le lettere e il memoriale sono oggi due presenze fantasmatiche, il corpo di Moro è lo spettro che ancora occupa il palcoscenico della nostra storia di ombre.
Dopo aver lavorato sui testi pubblici e privati di Carlo Emilio Gadda e Pier Paolo Pasolini, in due spettacoli struggenti e feroci, riannodando una lacerante antibiografia della nazione, Fabrizio Gifuni attraverso un doloroso e ostinato lavoro di drammaturgia si confronta con lo scritto più scabro e nudo della storia d’Italia.
Dal 6 all’11 ottobre 2020
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17
MEDEA
Scandaloso ed umanissimo, il mito di Medea al centro dell’omonimo capolavoro euripideo cattura l’interesse, spinge a prendere posizione tingendosi di molteplici sfumature interpretative. La presenza di due soli attori testimonia la rielaborazione dell’impianto drammaturgico, per cui, «la struttura della tragedia greca viene ingoiata da una nuova struttura contemporanea», ‘spogliata’ dell’inessenziale e ridotta al nucleo centrale, in un dialogo serrato, aspro, tra il marito infedele e la moglie tradita. Ad interpretare Medea è Federica Di Martino, affiancata da Simone Toni nel ruolo di Giasone.
“La tragedia della ‘madre impazzita d’amore e di dolore, si svuota e si fa ‘povera’ di ogni ‘memoria classica’ per riempirsi tutta e arricchirsi essenzialmente soltanto di incomprensione, dolore, gelosia, infelicità, pazzia, vendetta – scrive Gabriele Lavia nelle sue note di regia – Questi i sentimenti che travolgono moglie e marito, in una lunga, terribile, dolorosa ‘Scena da un matrimonio’.
Il sentimento di perdita, di svuotamento, di spiazzamento da un ‘ambito-antico’ a una condizione ‘nostra’, nel rigoroso rispetto del ‘testo’ poetico, toglie allo spettatore ogni preconcetto estetico intorno a un certo ‘spettacolo moderno’ di un testo antico. Immaginiamo una “sinfonia” che venga suonata a Jazz soltanto da due strumenti ‘amorosi e virtuosi’ che tenendo ferma nel cuore la ‘tragedia’ di Euripide la restituiscano ‘per due voci sole’ in uno spietato duetto che lasci lo spettatore letteralmente senza fiato. Quello che noi chiamiamo tradizione è un concetto ‘temporale’. Nel senso che un ‘tempo’ antico viene trasferito nel tempo di ‘oggi’ che è il tempo-moderno. È attraverso questo ‘modo’ che noi siamo il ‘tempo’. Moderno è il nostro modo di essere il Tempo. Questa ‘rigorosa’ tradizione del tempo è l’impegno, nel senso profondo di dare noi stessi ‘in pegno’ in questo nostro spettacolo necessario”.
Dal 13 all’18 ottobre 2020
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17
GLORY WALL
Vincitore dell’edizione 18/19 della Biennale di Venezia College Teatro-Registi Under 30 con lo spettacolo Cirano deve morire
Leonardo Manzan, romano di origine, milanese di formazione, classe 1992, si è rivelato tra i nuovi talenti alla Biennale Teatro 18/19, dove è stato nuovamente invitato quest’anno a misurarsi con il tema della censura. Affiancato da un team giovane e collaudato formato da Rocco Placidi, Paola Giannini e Giulia Mancini, in Glory Wall affronta dunque un argomento delicato, affascinante e attuale, soprattutto se lo si accosta al concetto di Teatro; l’arte vive di costrizioni e muore di libertà: la censura è quindi vitale per l’arte, l’arte è scandalo e lo scandalo a sua volta implica la censura. Un vero e proprio corto circuito di idee e spunti di riflessione.
Note di regia:
Cos’è la censura? Cosa si censura? Ci sono dei campi più soggetti alla censura? E se sì perché? Qual è il limite da superare oggi, in Italia, per essere censurati?
L’arte che disturba, scandalizza, crea disordine; la censura che si preoccupa dell’ordine sociale mantenendo l’ordine dell’immaginazione e di conseguenza l’ordinarietà dell’immaginazione. Il gioco è questo.
Eppure non è ridicolo scandalizzarsi, spaventarsi e infine censurare qualcosa che non è reale? Perché ci si indigna di più a teatro? Il palco sembra amplificare significati e effetti di cose che nel mondo ci lasciano indifferenti. In effetti la cosa non è per niente ridicola, perché è nell’immaginazione che siamo più vulnerabili e continuamente soggetti alla più sottile e perfetta forma di censura, che è quella che sembra venire da noi stessi.
De Sade dice che un limite c’è, tra ciò che è possibile immaginare e ciò che è possibile realizzare. Ma è un limite che alla censura non interessa. La censura colpisce la realtà ma il suo obiettivo è l’immaginazione.
Il suo occhio è rivolto alla cronaca, ma la sua vera ambizione sono le anime.
Leonardo Manzan
dal 20 al 25 ottobre 2020
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17
SCANNASURICE
Premio Mario Mieli 2018 ad Imma Villa come Miglior interprete
Premio Le Maschere del Teatro Italiano 2017 ad Imma Villa come Miglior interprete di monologo
Premio della Critica (A.N. C. T.) 2015 come Miglior spettacolo
Premio Annibale Ruccello 2015
Una sanguigna e tenerissima Imma Villa dà voce e corpo a Scannasurice, testo scritto da Enzo Moscato nella sua immaginifica lingua. L’attrice, sola in scena, restituisce realismo e intensità al personaggio che interpreta con vibrante tensione e la regia complessa e accurata di Carlo Cerciello ne valorizza ogni singola parte. Uno spettacolo emozionante pluripremiato ormai diventato un apprezzato piccolo “cult” torna finalmente a Roma dopo gli unanimi consensi ottenuti dal pubblico e dalla critica. Le scene sono di Roberto Crea, i costumi di Daniela Ciancio, il suono è curato da Hubert Westkemper, le musiche originali sono di Paolo Coletta, le luci di Cesare Accetta.
Ambientato dopo il terremoto del 1980 a Napoli, Scannasurice è una sorta di discesa agli “inferi”, di un personaggio dall’identità androgina, nell’ipogeo napoletano dove abita, all’interno di una stamberga, tra gli elementi più arcani della napoletanità, in compagnia dei topi – metafora dei napoletani stessi – e dei fantasmi delle leggende metropolitane partenopee, dalla Bella ‘mbriana al Munaciello, tra spazzatura e oggetti simbolo della sua condizione, alla ricerca di un’identità smarrita dentro le macerie della storia e della sua quotidianità terremotata, fisicamente e metafisicamente.
Il personaggio fa la vita, “batte”. E’, originariamente, un “femminiello” dei Quartieri Spagnoli di Napoli, ma i femminielli di Enzo Moscato sono creature senza identità, quasi mitologiche. Oltre l’identità sessuale, sono quasi magiche. Per questo ne è interprete un’attrice che del personaggio esalta l’ambiguità e l’eccesso. In un dialetto lirico e suggestivo, la creatura a metà tra l’osceno e il sublime distilla imprecazioni esilaranti, filastrocche popolari e antiche memorie in un’alternanza di ritmi e di sonorità rendendo un testo ed uno spettacolo propriamente caratterizzato dalla parola profondamente affascinante.
27-28-29 ottobre 2020 e 31 ottobre 2020
martedì – mercoledì – giovedì – venerdì h 21 – domenica h 17
LA CONSUETUDINE FRASTAGLIATA DELL’AVERTI ACCANTO
La consuetudine frastagliata dell’averti accanto di Marco Andreoli trae ispirazione dai multiversi di Hugh Everett, un’ipotesi che teorizza l’esistenza di universi coesistenti fuori dal nostro spazio-tempo, definiti anche dimensioni parallele. La struttura del testo offre innumerevoli piani di lettura, analizza il complesso universo della vita di coppia, del disgregarsi delle relazioni, dell’ostinazione con cui, a volte, ci si accanisce per mantenere con sé stessi una facciata, una parvenza di felicità. Ma soprattutto parla anche di quelle scelte che si compiono nella vita e che una volta compiute la segnano per sempre.
Un uomo, una donna e una cucina. Questi gli elementi della storia. Il pubblico segue l’avvicendarsi del rapporto fra i due personaggi, attraverso una narrazione frastagliata e frammentata che pindaricamente balza avanti e indietro nel tempo, costringendo gli spettatori a ricostruire con minuzia e attenzione quanto accaduto durante il loro primo incontro, il 9 luglio 1982 in un bar, “anzi no: in un circolo universitario in cui la somministrazione degli alcolici non è affatto interdetta”. Una sciarpa rossa segna inesorabilmente il destino di uno dei due personaggi e diventa lo spartiacque tra ciò che avrebbe potuto essere e ciò che non sarà mai. Una possibilità mancata, La dilatazione di un istante, E una vita insieme, queste tre cose sono La consuetudine frastagliata dell’averti accanto. Lo spettacolo è stato presentato in anteprima il 23 e il 24 novembre 2018 a Roma a Carrozzerie n.o.t e ha partecipato a diversi Festival.
3 – 4 – 5 novembre 2020
martedì, mercoledì, giovedì ore 21
COMPAGNIA ATACAMA
LA DANZA DELLA REALTÀ
Nuova produzione della compagnia Atacama, La danza della realtà un progetto firmato da Patrizia Cavola e Ivan Truol, ispirato all’universo di Alejandro Jodorowsky. Lo spettacolo mescola l’elaborazione della danza/poesia fisica ad un lavoro di costruzione delle immagini pittorico e visionario. La colonna sonora fatta di musiche, sonorizzazioni, silenzi, voci, è realizzata appositamente dal compositore Sergio De Vito con il suo gruppo Epsilon Indi in sinergia con i coreografi, rinnovando così una proficua collaborazione iniziata nel 1990.
Il progetto coreografico La danza della realtà prosegue la ricerca ispirata all’universo di Alejandro Jodorowski che, come primo step, aveva dato vita allo spettacolo Galleggio, Annego, Galleggio. La ricerca parte dalla lettura di Cabaret Mistico e delle brevi storie che le diverse culture e tradizioni filosofiche ci hanno lasciato – Sufi, Buddhiste, Alchemiche, Koan, Haiku, Zen, Tibetane, che Jodorowsky riporta nel libro. L‘ideazione dell‘allestimento scenografico è a cura dei coreografi Patrizia Cavola e Ivan Truol in collaborazione con Arianna Pioppi e Medea Labate e prevede la realizzazione di una pista circolare che delimita lo spazio e rimanda al circo ma anche ad un‘arena d‘acqua; luci da fiera e processione di paese, colori. La luce taglia e organizza lo spazio scenico in modo da creare una scenografia impalpabile, fatta di luce e ombra. La luce è parte integrante dello spettacolo e si integra nella drammaturgia nel suo complesso.
“Tutte queste storie – scrive la compagnia nelle sue note – attraverso le contraddizioni, le debolezze dell’essere umano e l’impronta dell’autore, che facciamo nostra, ci portano a sorriderne poiché ‘Il sapere e il riso si confondono’ afferma Ludwig Wittgenstein.
Di Jodorowsky ci incanta il suo sguardo visionario, che posato sulla realtà e sulla condizione esistenziale dell’essere umano coglie e ci proietta in un’altra dimensione surreale e fantastica espandendone oltremisura l’impatto e la valenza significante. Attraverso il suo sguardo l’esistenza ci appare come il viaggio di una comunità itinerante, come un grande circo all’interno del quale, un’umanità strabordante in movimento su una pista immaginaria e sommersa, in una continua alternanza galleggia, annega, galleggia.
A partire da quanto evoca la scrittura, con il nuovo gruppo di danzatori ci incammineremo nel percorrere i temi e l’immaginario che le storie ci suggeriscono, per poi dare vita a una materia originale e personale che, con naturalezza, prenderà le distanze dalla fonte. Tema centrale la complessità del vivere contemporaneo e la natura antica, ancestrale dell’uomo che permane anche nella contemporaneità. Fragilità, conflitti, relazioni, innocenza, violenza. Poesia e grottesco si miscelano”.
La Compagnia nasce nel 1997 fondata da Patrizia Cavola, coreografa e danzatrice e da Ivan Truol, coreografo, danzatore, attore. Da ottobre 2009 Atacama ha residenza artistica presso La Scatola dell’Arte di Roma, centro di formazione e produzione Gestione e Direzione Artistica di Patrizia Cavola e Ivan Truol. Atacama è sostenuta e riconosciuta dal MIBACT, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Dipartimento dello Spettacolo.
Gli Epsilon Indi (www.epsilonindi.it) sono autori della colonna sonora del film di Giuseppe Gaudino Per Amor Vostro in concorso alla 72 Mostra del Cinema di Venezia, Coppa Volpi alla protagonista Valeria Golino, con la quale vincono il Premio Ennio Morricone al BiFest 2016 Bari International Film Festival per il miglior compositore di musiche e ricevono il premio come migliore colonna sonora agli RdC Awards 2015 della Fondazione Ente dello Spettacolo e della Rivista del Cinematografo, e sono candidati come migliore colonna sonora ai Nastri d‘Argento 2016.
10 – 11 novembre 2020, mercoledì h 21
Martina Badiluzzi
The Making of Anastasia
nuova produzione 2020
Idea originale e regia: Martina Badiluzzi
Con: Martina Badiluzzi, Arianna Pozzoli, Viola Carinci, Federica Carruba Toscano, Barbara Chichiarelli
Dramaturg: Margherita Mauro
Costumi: Ambra Onofri
Light designer: Simone De Angelis
Drammaturgia musicale: Samuele Cestola
Aiuto regia: Giorgia Buttarazzi
Visual design: Andrea Pizzalis
Movement coach: Mariella Celia
Assistente all’allestimento: Isadora Giuntini
Realizzazioni sartoriali: Aurelia Laurenti
Assistente sarta: Valentina Bertossi
Gioielli: Iosselliani
Produzione: La Biennale di Venezia
In corealizzazione con La fabbrica dell’attore / Teatro Vascello e Romaeuropa Festival
Vincitrice di Biennale College Teatro – Registi under 30
Un gruppo di donne partecipa ad un casting per una nuova produzione cinematografica dedicata alla figura di Anastasia Romanov, mito e icona del Novecento. Le donne stanno recitando? Ciò che dicono è reale o mera finzione? Martina Badiluzzi, che ha curato la regia con la collaborazione drammaturgica di Margherita Mauro, si è ispirata alla storia drammatica di Anna Anderson, presunta Anastasia, per costruire una drammaturgia capace, come una matrioska, di contenere più livelli di lettura e verità. Tra Spice Girl, Hollywood, fiaba e cruda realtà, finzione, girato cinematografico e backstage divengono strumenti per scavare nell’identità femminile e raccontare la Storia con occhi diversi: non più vincitori e non più maschili. Cinque le interpreti in scena, Martina Badiluzzi, Arianna Pozzoli, Viola Carinci, Federica Carruba Toscano, Barbara Chichiarelli; la drammaturgia musicale è a cura di Samuele Cestola e i costumi di Ambra Onofri.
Martina Badiluzzi è un’artista friulana nata nel 1988, vive e lavora a Roma. Negli ultimi anni si è dedicata allo studio dei linguaggi performativi, alla ricerca di un dialogo possibile tra la scrittura, il suo interprete e la scena; e tra queste e il suo pubblico, quel quarto incomodo tragicamente destinato alla morte. Nel 2015 è interprete e co-autrice di Fäk Fek Fik – le tre giovani di Werner Schwab, spettacolo pluripremiato, presentato al Roma Europa Festival con la guida di Dante Antonelli. Continua i suoi studi incontrando il duo artistico Deflorian/Tagliarini, la regista brasiliana Christiane Jatahy, Joris Lacoste e Jeanne Revel, Lucia Calamaro e la compagnia Agrupation Señor Serrano. Nel 2017 fonda con Giorgia Buttarazzi, Rosvita Pauper, progetto artistico il cui nome è ironicamente ispirato a Roswitha di Gandersheim monaca tedesca, poetessa e prima drammaturga di cui ci siano stati tramandati i testi. Nello stesso anno debutta, Il vivaio, drammaturgia originale che consolida la collaborazione di Badiluzzi con Samuele Cestola, performer e musicista poli- strumentista autore live del progetto sonoro per lo spettacolo e con Ambra Onofri curatrice dei costumi e dell’ambiente scenico. Il vivaio, menzionato tra le drammaturgie del progetto Fabulamundi Playright Europa, è stato ospite del Teatr Dramatyczny di Varsavia. Nel 2018 inaugura Pezzi – Der Stücke, serie di workshop attorno agli scritti di Elfriede Jelinek, un cantiere d’indagine e creazione scenica attorno all’opera dell’autrice austriaca premio Nobel per la letteratura. Nasce Sportification, progetto di regia ispirato a Ein Sportstuck di Jelinek, ospite presso le residenze artistiche Dialoghi Villa Manin CSS – Teatro Stabile di Innovazione del FVG. Risulta vincitrice del bando Registi Under30 della Biennale di Venezia 2019 per la direzione di Antonio Latella, con il progetto Anastasia, drammaturgia originale ispirata alla storia di Anna Anderson, “la misteriosa donna d’Europa” e presunta Anastasia, unica sopravvissuta alla strage della famiglia Romanov.
Dal 17 al 22 novembe 2020
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17
Una cosa enorme
Dopo il successo de La classe_un docupuppets per marionette e uomini, Fabiana Iacozzilli debutta (21 settembre ore 19.00, Teste dei Soppalchi – Venezia) in prima nazionale alla Biennale Teatro 2020 diretta da Antonio Latella, con Una cosa enorme, il nuovo spettacolo che vede protagonisti i performer Marta Meneghetti e Roberto Montosi. Le scene portano la firma di Fiammetta Mandich, le luci quelle di Luigi Biondi e Francesca Zerilli, mentre il suono è curato da Hubert Westkemper (premio Ubu 2019 per La classe). Lo spettacolo è prodotto da Cranpi, La Fabbrica dell’Attore-Teatro Vascello Centro di Produzione Teatrale, Fondazione Sipario Toscana-Centro di Produzione teatrale, Carrozzerie | n.o.t.
In scena una donna con una pancia enorme e un fucile in mano. Si muove nel suo spazio fatto di pochi oggetti tra i quali riesce ancora a essere se stessa: un frigorifero, una macchina del gas, una poltrona, una pianta morta. Sul fondo della scena intravediamo un cumulo di “roba”. La donna è in costante e paranoico ascolto di una minaccia che incombe dall’alto. Questa nostra donna è incinta da un tempo indefinito e da un tempo infinito cerca di tenere dentro di sé il proprio pargolo, di non metterlo alla luce, o meglio, di impedirgli di venire al mondo.Le immagini che vediamo fanno parte di un incubo o sono solo una proiezione delle paure incancrenite nella sua mente? Probabilmente siamo in uno spazio dell’anima, in uno spazio in cui l’anima gesticola e ci fa interrogare sulla nostra condizione di donne e uomini perennemente in bilico tra il voler essere genitori e il rimanere figli, ma anche su un’altra questione: nel momento in cui diamo la vita a qualcuno lo stiamo forse condannando alla morte?
Dichiara Fabiana Iacozzilli: “Questo spettacolo risponde a un bisogno puramente egoistico di fare luce, ed è costantemente in bilico tra il desiderio e il rifiuto di procreare. Le domande che mi muovono e intorno alle quali mi interrogo sono: ‘perché ho così tanta paura di mettere al mondo un figlio?’, ‘perché ho così tanta paura di dire che non voglio mettere al mondo un figlio?’ e ‘perché oggi mi devo vergognare se sono una donna senza figli, abbassare lo sguardo se non sono genitrice?’ E così in un’età ormai avanzata, mentre le domande che mi pongo sono queste, mi ritrovo a constatare che mia madre ottantaduenne, così vicina alla sua dipartita e nel pieno di una demenza senile avanzata, ha un’incontinenza urinaria importante e mentre mi domando quando e come potrò riuscire a metterle il pannolone, comprendo che ho comunque un ruolo di genitrice da assolvere. Quella spinta tristemente umana che ci porta a essere genitori dei nostri genitori.
dal 24 al 29 novembre 2020
martedì – mercoledì – giovedì – venerdì h 21 – sabato h 19 – domenica h 17
Ovidio Heroides vs Metamorphosys
Ovidio Heroides Vs Metamorphosys segna l’incontro artistico tra Manuela Kustermann, messaggera onirica di parole e poesia del grande poeta latino Ovidio e Cinzia Merlin, virtuosa pianista e compositrice. Da anni impegnate a indagare quel fertile terreno che è la contaminazione delle Arti, insieme sono riuscite a creare uno spettacolo che è una perfetta sintesi tra parole e musica in cui il classicismo letterario e musicale viene riletto, reinterpretato, rinnovato e rivolto verso i nuovi orizzonti della contemporaneità.
Una fusione tra musica e poetica; tra Manuela Kustermann, messaggera onirica di parole e poesia del grande poeta latino Ovidio e Cinzia Merlin, virtuosa e poliedrica pianista.
Le Metamorphosys pianistiche di Cinzia Merlin ci conducono in un viaggio di trasformazione oltre il tempo, liberando la musica dagli schemi e conferendo al repertorio musicale classico un’estensione innovativa che nasce da influenze contemporanee con uno slancio verso nuove esplorazioni artistiche.
L’atto musicale, scorrendo in forma rapsodica e riflettendo il rapporto tra passato, presente e futuro attraverso una nuova consapevolezza estetica, crea legami e connessioni tra compositori lontani come Bach, Chopin, Schubert, Debussy, Prokovief, Bartok e Piazzolla e sul palcoscenico dialoga con i miti di celebri figure femminili che si esprimono in prima persona attraverso lettere d’amore raccontando di abbandoni, fughe, tradimenti subiti e sofferti. Le Heroides, nell’interpretazione di Manuela Kustermann, come poesia del tempo sospeso che l’immaginazione riempie di ricordi e desideri, attraverso la meravigliosa scrittura di Ovidio e nelle figure di Penelope, Arianna, Canace, Medea, Ipsipile, evocano una condizione femminile fatta di soprusi, solitudini, costrizioni e violenze ancora oggi così tristemente attuale. Cinzia Merlin compone con Metamorphosys un viaggio di trasformazione attraverso la musica, oltre il tempo. Una profonda riflessione artistica sul concetto di mutamento, di cambiamento e trasformazione attraverso l’arte musicale classica.
Note di regia:
Questo album vuole liberare la musica dagli schemi, riiflettendo il rapporto tra passato, presente e futuro e proiettandosi verso nuovi orizzonti attraverso una nuova consapevolezza estetica.
Il mio profondo e viscerale legame con il repertorio classico e allo stesso tempo il mio slancio verso la contemporaneità, sono il fondamento di un’indole creativa che mi spinge verso nuove esplorazioni.
Attraverso una sintesi artistica tra passato e contemporaneo, con Metamorphosys reinterpreto la tradizione classica, cercando di rompere le “barriere” della musica colta ed aprire le porte ad un pubblico più ampio, avvicinandolo ad un mondo ormai troppo fossilizzato nel cliché elitario che lo circonda.
Buon viaggio!”
Cinzia Merlin
Dal 1 al 6 dicembre
martedì – mercoledì – giovedì – venerdì h 21 – sabato h 19 – domenica h 17
Tavola tavola, chiodo chiodo…
Debutterà ad ottobre in Prima Nazionale al San Ferdinando – il Teatro di Eduardo – Tavola tavola, chiodo chiodo… una nuova produzione di Elledieffe e dello Stabile di Napoli con Lino Musella, autentico talento della scena, tra i più apprezzati della sua generazione, vincitore – tra gli altri – nel 2019 del Premio Ubu come migliore attore.
A ‘dare il la’ a questo nuovo progetto, fortemente voluto dall’attore napoletano, sono state le tante riflessioni emerse, durante la pandemia, sul mondo dello spettacolo e sulle sue sorti.
“In questo tempo mi è capitato – scrive Musella nelle sue note – di rifugiarmi nelle parole dei grandi: poeti, scrittori, drammaturghi, filosofi, per cercare conforto, ispirazione o addirittura per trovare, in quelle stesse parole scritte in passato, risposte a un presente che oggi possiamo definire senza dubbio più presente che mai; è nato così in me il desiderio di riscoprire l’Eduardo capocomico e – mano mano – ne è venuto fuori un ritratto d’artista non solo legato al talento e alla bellezza delle sue opere, ma piuttosto alle sue battaglie donchisciottesche condotte instancabilmente tra poche vittorie e molti fallimenti”.
Tommaso De Filippo – impegnato nella cura dell’eredità culturale della famiglia – ha appoggiato Lino Musella nella sua ricerca nelle memorie di Eduardo volendo incoraggiare fortemente il dialogo tra generazioni in scena.
L’attore darà dunque voce e corpo alle parole delle lettere indirizzate alle Istituzioni, ai discorsi al Senato, agli appunti, ai carteggi relativi all’impresa estenuante per la costruzione e il mantenimento del Teatro San Ferdinando; lo affiancherà in scena il maestro Marco Vidino che eseguirà dal vivo musiche originali appositamente composte per lo spettacolo.
“Tavola tavola, chiodo chiodo – continua Musella – sono le parole incise su una lapide del palcoscenico del San Ferdinando, lapide che Eduardo erige a Peppino Mercurio, il suo macchinista per una vita, che tavola dopo tavola, appunto, era stato il costruttore di quello stesso palcoscenico, distrutto dai bombardamenti nel ‘43. Faccio parte di una generazione nata tra le macerie del grande Teatro e che può forse solo scegliere se soccombere tra le difficoltà o tentare di mettere in piedi, pezzo dopo pezzo, una possibilità per il futuro, come ermeticamente indicano quelle parole – incise nel Teatro di Eduardo – che in realtà suggeriscono un’azione energica e continua.
Questo grande artista è costantemente impegnato a ‘fare muro’ per smuovere la politica e le Istituzioni e ne esce spesso perdente, in parte proprio come noi in questo tempo, ma anche da lontano non smette mai di alzare la sua flebile, roboante voce e mi piace pensare che lo faccia proprio per noi”.
Dall’8 al 13 dicembre 2020
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17
SPELLBOUND 25
Il progetto Spellbound 25 è una produzione Spellbound realizzata con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo e Regione Lazio – Dipartimento Cultura, Politiche Giovanili e Lazio creativo in collaborazione con
Ambasciata di Spagna a Roma e in coproduzione con MilanoOltre e Cultur Partner
Direzione Artistica Mauro Astolfi – Direzione Generale Valentina Marini
MARTE
Nonostante i suoi 37 anni, Marcos Morau pensa a tutto ciò che ha lasciato e a tutto ciò che non potrà mai più essere. Oggi ricorda il momento in cui tutto era possibile, quel momento in cui la realizzazione e il fallimento sono raggiunti in tutto il loro splendore e tutto è vissuto come se il mondo si scontrasse domani.
Marte oltre al Dio della guerra, lo è della passione, della sessualità, della perfezione e della bellezza e dà titolo al nuovo lavoro dell’autore con sede a Barcellona per Spellbound Contemporary Ballet.
Marte rappresenta quel pianeta vuoto e ostile che attende di essere colonizzato da un gruppo di giovani in una sorta di celebrazione nell’Europa del XXI secolo, con tutta la forza della sua gioventù e del suo desiderio come forza motrice. Un luogo dove nessuno vuole essere lasciato indietro e il futuro è visto come un labirinto confuso, pieno di rassegnazioni, delusioni e nuovi conflitti, e dove l’unica guerra che si combatte è quella che li mette di fronte a un mondo che avanza così velocemente da non poter continuare.
Piacere, desiderio e tensione sono gli elementi centrali di questo progetto. Un conflitto tra l’individuo e la collettività, tra il presente e un futuro incerto, tra la materia organica e la tecnologia, dove si rivela una nuova concezione della forma astratta.
“ÄFFI“
“Äffi”, una delle creazioni di maggior successo internazionale di Marco Goecke, è stata inserita nel repertorio dello Scapino Ballet di Rotterdam nel 2006, ed è stata eseguita da Tadayoshi Kokeguchi nel 2006 a Istanbul e nel 2008 a New York. Sebbene Arman Zazyan, Damiano Pettenella, William Moore, David Moore, Robert Robinson, Mischa van Leuven e – finora unica donna – Katja Wünsche hanno studiato l’assolo, la performance più memorabile è quella del fenomenale Marijn Rademaker, protagonista della prima, che nel 2006 gli è valso il prestigioso premio teatrale tedesco “Der Faust” (“The Fist”) come “Best Dance Performer”, assegnato per la prima volta quell’anno. Spellbound Contemporary Ballet è la sola compagnia di produzione italiana da avere in repertorio questa creazione.
Basato sulla grammatica della tecnica classica anche il gesto di Goecke ma fortemente contaminato dalle espressioni del tanztheater tedesco: «Il motore del mio lavoro è l’angoscia, può diventare una fonte di speranza. Rendere l’angoscia visibile e palpabile per trasformarla in bellezza», dice Goecke nel documentario rivelatorio A fleur de peau, realizzato da Manon Lichtveld e Bas Westerhof, nel quale l’artista ci porta dentro
la passione per il teatro scoperta a 14 anni, gli attacchi di panico, iniziati da giovane, la meraviglia della creazione. «Sfuggire dal corpo, scappare dai propri limiti è quello che cerco di fare con i movimenti veloci del mio vocabolario», spiega l’artista.
UNKNOWN WOMAN
Unknown Woman è un racconto serio ed immaginario allo stesso tempo, è un raccoglitore di memorie e di pensieri di quello che è accaduto con un’artista importante in 20 anni di collaborazione e di condivisione. Io e lei abituati in questi 20 anni a raccontarci alcune cose segrete attraverso dei movimenti, dei portatori sani di verità, una rubrica disordinata dove ho dovuto leggere e rileggere appunti per capire la donna e l’artista.
Forse ci siamo capiti solo in una sala prove e sul palcoscenico di un teatro, ma come si fa a capire un’artista? inseguirla è stato possibile solo con gli occhi e con il cuore, ogni altro modo ti confonde ancora di più e ogni volta devi quasi ricominciare dall’inizio, come ci ripresentassimo e ci chiedessimo per la prima volta il nome. Non so dove finisce l’immaginazione e quanto invece ho imparato da lei in questi 20 anni.
Da sconosciuti siamo ancora in sala, ci osserviamo, ci regaliamo e ci rubiamo cose, ma ci conosciamo bene e per questo camminiamo ancora insieme. (Mauro Astolfi)
WONDER BAZAAR
Wonder bazaar è un avamposto di una umanità servo assistita da una tecnologia desueta, un emporio a buon mercato dove cercare di riparare i danni di una vita che non si riesce a capire e a controllare.
Ognuno accartocciato su sé stesso, dove i rapporti umani ormai ridotti al minimo lasciano spazio ad una fiducia cieca e priva di senso nei confronti di una macchina che, anche se spenta e non funzionante, dà sicurezza.
Ma tra i macchinari e gli scaffali c’è chi trova un rimedio per gli afflitti da angoscia esistenziale e lavora ad un progetto misterioso, forse un azzardo, ma per tentare di ribaltare l’alienante mondo contemporaneo. Un sistema ormai perfetto di produttività meccanica, scaffali pieni di testimonianze di felicità mia raggiunte.
Wonder Bazaar è uno studio ibrido tra passato e futuro dove smettere di girare in tondo in una fitta matrice di abitudini, dove si verifica l’incapacità di condividere emozioni reali con gli altri. La meraviglia di questo bazaar è che proprio in questo cimitero di macchinari non più funzionanti o semi funzionanti si ritrova un senso di fede non più verso qualcosa o qualcuno all’esterno di noi: proprio qui paradossalmente si risolvono teoremi importanti sul senso della vita al di fuori della connessione con le macchine e ci si ricorda che le macchine sono state costruite da noi. (Mauro Astolfi)
Dal 18 al 23 dicembre 2020
Lunedì, martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17
Porte: decostruzione di un’idea interrotta.
Fase di prova per un debutto rimandato
Rezza & Mastrella sono di casa al Vascello. Artisti eclettici sempre pronti a stupire scelgono, in quest’anno così particolare, di aprire – in via del tutto eccezionale – le porte al loro affezionato pubblico che potrà assistere a una delle fasi di realizzazione del loro ultimo lavoro. “Come si possono riempire le cose vuote? – scrivono i due in una nota – È possibile che il vuoto sia solo un punto di vista? Ognuno perde l’orientamento, la certezza di essere in un luogo, smarrisce il suo regno, così in terra e non in cielo. L’uomo fa il verso alla belva. Che lui stesso rappresenta. Senza rancore”.
Le linee guida anti Covid sono riportate sul sito www.teatrovascello.it