The Flash, recensione: tra cuore emotivo ed estetica snyderiana l’importante (non) è correre

The Flash - Ezra Miller e Sasha Calle (foto Warner Bros)
The Flash - Ezra Miller e Sasha Calle (foto Warner Bros)

La recensione di The Flash, nuovo capitolo del DC Extended Universe con Ezra Miller assoluto protagonista: l’estetica di Snyder e l’umorismo mutuato dalla Marvel si fondono in un film imperfetto e dal grande cuore emotivo

Dopo le divinità greche di Shazam: Furia degli Dei e il possente Black Adam di The Rock il DC Extended Universe dà il benvenuto ufficiale a The Flash, diretto dall’Andy Muschietti di It e de La madre, e al suo alter ego Barry Allen, accorso alla velocità della luce per salvare il mondo… da sé stesso. Sì, perché nel tentativo di correggere un errore del passato, Barry sconvolgerà tutte e tre le linee temporali e sarà costretto a rimettere tutto a posto prima che un nemico dal passato possa tornare e sterminare l’umanità. Tanto umorismo, tanti rallenty con secchiate di CG e tanti (troppi) personaggi, ma anche un grandissimo cuore emotivo e una posta in gioco mai così personale.

L’amore di un figlio

Barry Allen (Ezra Miller) è un ragazzino che cresce come tanti altri finché suo padre Henry (Ron Livingston) non viene condannato ingiustamente per l’omicidio di sua moglie Nora (Maribel Verdù), madre di Barry. Dopo aver acquisito il super potere della velocità e la capacità di viaggiare tra le faglie temporali, Barry deciderà di tornare indietro nel tempo per salvare sua madre e suo padre contro il parere di Bruce Wayne/Batman (Ben Affleck). Nel farlo però Barry commetterà un errore fatale, ossia venire a contatto con il sé stesso derivato dall’universo alternativo creatosi dopo che Nora è sopravvissuta, e in questo universo scoprirà che il malvagio Zod (Michael Shannon) è ancora vivo e ancora intenzionato a distruggere la Terra poiché non c’è nessun Superman che possa salvarla. Verrà però aiutato da una ragazza kryptoniana di nome Kara conosciuta anche come Supergirl (Sasha Calle) e dal Batman (Michael Keaton) di questo universo.

The Flash – Ezra Miller e Sasha Calle (foto Warner Bros Italia)

Il peggior nemico

Non capita spesso che i cinecomic si aprano ad un lato squisitamente tragico, che esplorino l’oscurità della condizione umana dettata da egoismo, da mancanza di una morale o di un’etica oppure da semplice ingenuità. Andy Muschietti, che viene dall’horror puro e che forse ha fatto tesoro del suo percorso artistico prima di approdare al cinefumetto, decide di provare a sondare l’oscurità di Barry Allen con un intento solenne e serioso che rimandi alla tragedia shakespeariana o miltoniana. L’intuizione più felice di The Flash, e quella che regala al film un fortissimo cuore emotivo, è quella di lavorare sulla minaccia interna al personaggio stesso e non esterna, sui suoi demoni irrisolti e sui suoi conflitti interiori. Barry Allen è infatti dilaniato dal senso di colpa e dall’incapacità di accettare la propria vita e il proprio destino per quelli che sono, e nel farlo in un atto di egoismo puro ma inconsapevole mette a repentaglio il destino non di un universo, ma di moltitudini. In tutto il primo atto e in gran parte del secondo il film lavora sui tormenti di Barry/The Flash mettendolo di fronte alle possibilità altrettanto tragiche e dolorose di una scelta inevitabile, riportandolo nel momento in cui la sua vita è cambiata per sempre, per poi nel finale costringerlo ad un sacrificio terribile ma necessario. Ecco, nel rapporto tra Barry e sua madre Nora e tra Barry e l’illusione di poter sconfiggere l’ineluttabilità del caso, del destino o di come lo si preferisce chiamarlo sta il cuore tematico ed emotivo di The Flash; un rapporto fatto di momenti precisi e delicatissimi, anche commoventi per certi versi, che il film utilizza per aprire e chiudere un cerchio di rimpianti, di illusioni e infine di accettazione.

The Flash – Ezra Miller e Michael Keaton (foto Warner Bros Italia)

Un terzo atto da dimenticare

Ecco, nonostante per l’appunto un epilogo fortissimo e in linea con il cuore tematico del racconto The Flash si perde completamente per strada in un terzo atto che eredita tutto il peggio dei cinecomic moderni. Muschietti, fino a quel momento in buon controllo, perde completamente la bussola affidandosi ad uno scontro finale lunghissimo ed estenuante nel deserto, dove l’estetica snyderiana fatta di rallenty continui, di fotografia ipersatura e di violenza iperstilizzata si divora ogni briciolo di tensione diegetica, rendendo The Flash una pallida imitazione di scontri ben più epocali e riusciti come quelli di Infinity War o Endgame. Non aiuta certamente l’utilizzo piuttosto barbaro di Michael Shannon e del suo Zod, qui ridotto a semplice macchietta senza arte né parte, e neanche un montaggio ai limiti della comprensibilità e della lettura. Infine, c’è il capitolo CG. Mai, a memoria di chi scrive, si era vista una computer grafica così raffazzonata in un progetto da oltre 200 milioni di dollari, con un utilizzo dei colori, dei fondali e della luce talmente arbitrario e sciatto da chiedersi davvero dove siano finiti quei soldi spesi in produzione. Forse, però, il problema vero è un altro e sta da tutt’altra parte: l’impressione è che la DC stia cercando di camminare il più possibile sulle tracce della Marvel, e questo spiegherebbe anche l’abbondante dose di umorismo (non sempre di grana piccola) presente soprattutto nel secondo atto, umorismo che non è molto ben gestito a livello di registro perché ingombrante e fuori luogo in almeno due sequenze chiave.

The Flash – Ezra Miller (foto Warner Bros Italia)

Più veloce della luce

The Flash, al netto delle sue luci e delle sue ombre, rimane un capitolo interessante nell’ottica futura del DC Extended Universe, grazie anche al plot twist finale che introduce un nuovo possibile elemento in grado di cambiare le carte in tavola. L’aver reso la posta in gioco così personale e allo stesso tempo così universale è sicuramente un elemento in grado di dare più profondità al mondo di Barry Allen, grazie anche alla performance perfetta di Ezra Miller che ha dimostrato di poter essere un Barry Allen efficace e convincente, al di là dei suoi problemi fuori dal set (o forse anche grazie a quelli). Come già scritto non tutto funziona, il terzo atto sarebbe da cancellare quasi del tutto e c’è ancora un problema nel bilanciare i diversi registri e i diversi toni che si susseguono nel corso della pellicola, ma la strada della buona scrittura passa sempre per il cuore e mai per il cervello e questo The Flash sembra averlo capito bene. Nell’attesa che quest’universo si espanda ulteriormente vale comunque la pena farsi un giro nel passato/presente/futuro con Barry Allen, purché tutta questa velocità non gli faccia dimenticare che alla fine è il viaggio che conta e non la destinazione.

The Flash. Regia di Andy Muschietti con Ezra Miller, Ben Affleck, Michael Keaton, Ron Livingston, Sasha Calle, Maribel Verdù e Michael Shannon, in uscita domani 15 giugno nelle sale distribuito da Warner Bros Italia.

VOTO:

Tre stelle

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