La recensione dei primi due episodi di The Good Mothers, la serie Disney + sulle donne che hanno sfidato la ‘Ndrangheta, presentata all’ultimo Festival di Berlino dove ha vinto la prima edizione di Berlinale Series
La ‘Ndrangheta è oggi considerata come la più pericolosa, influente e ricca associazione di stampo mafioso al mondo ed è talmente ramificata e inaccessible che provare a leggerla e a raccontarla è un compito gravoso. Disney + ci prova con The Good Mothers, e lo fa attraverso una prospettiva interessante: quella delle donne di ‘Ndrangheta, donne sottomesse ad un mondo fortemente maschilista e prevaricatore che hanno deciso di rialzare la testa per combattere un intero sistema criminale dall’interno. Una storia che ha conquistato il Festival di Berlino 2023, dove il film si è aggiudicato la prima edizione del Berlinale Series.
Nemiche di ‘Ndrangheta
Lea Garofalo (Micaela Ramazzotti) è appena arrivata a Milano dal Molise assieme alla figlia Denise (Gaia Girace) dove incontra il padre di Denise e suo ex marito Carlo Cosco (Francesco Colella). Lea e Denise sono state nel programma di protezione testimoni da diversi anni in quanto Lea era diventata collaboratrice di giustizia denunciando gli illeciti di ‘Ndrangheta della propria famiglia, incluso Carlo stesso, ma ora il programma è scaduto e le due devono trovare un nuovo rifugio e assumere una nuova identità sicura. Quello che però non sa ancora è che Carlo ha in mente ben altri piani per lei e Denise. Sulla sorte di Lea indaga il PM Anna Colace (Barbara Chichiarelli) la quale, frustrata per l’inaccessibilità del mondo ‘ndranghetista, ha un’intuizione: utilizzare le donne di ‘ndrangheta frustrate, derise e oppresse dai propri padri e madri come cavalli di Troia per distruggere l’organizzazione dall’interno. La sua indagine si incrocerà quindi Concetta Cacciola (Simona Distefano) e Giuseppina Pesce (Valentina Bellè), due donne che stanno lentamente maturando l’idea di seguire l’esempio di Lea e iniziare a collaborare con lo Stato.
Un nuovo punto di vista
Non è la primissima volta che per raccontare i meccanismi del potere di un’organizzazione criminale si utilizzano anche o solo figure femminili, ma The Good Mothers ha il coraggio e la capacità di andare oltre perché quegli stessi meccanismi non vengono solo vissuti, ma messi in discussione per la prima volta. Julian Jarrold e la regista Elisa Amoruso, la quale pochi anni fa ci aveva “regalato” Chiara Ferragni Unposted in cui la messa in discussione di uno status quo era praticamente assente, decidono di mostrarci luci e ombre di queste donne temerarie ma anche fragili, vittime ma anche un po’ carnefici. Ed ecco che allora The Good Mothers non è più una serie che parla di ‘Ndrangheta, ma piuttosto un’opera che utilizza la ‘Ndrangheta per parlare di emancipazione femminile, di lotta per la libertà, di ricerca di un’identità e di una coscienza proprie. Per farlo però era necessario adottare un punto di vista nuovo, o meglio rovesciato, in cui fossero le figure femminili e non maschili al centro della vicenda. Nel mondo raccontato da The Good Mothers gli uomini sono tutti (o quasi) incapaci di provare empatia, freddi e calcolatori, sopraffattori e fondamentalmente codardi mentre le donne devono raccogliere i pezzi di questa società al maschile che distrugge tutto ciò che incontra, che non lascia superstiti né speranza per il futuro.
Scalare una montagna
La decisione di adottare un punto di vista totalmente al femminile si porta quindi dietro una serie di obiettivi e una posta in gioco molto più alte del solito, poiché quando il punto di vista cambia cambiano automaticamente anche l’ambientazione, il tema e la forza dei conflitti e dei legami da essi scaturiti. Le donne raccontate in The Good Mothers non sono d’altronde supereroine, non vivono vite privilegiate né conoscono contesti diversi da quelli di paura, sospetto, tradimento o morte che la vita ‘ndranghetista porta con sé. Sono destinate ad essere involucri, gusci vuoti su cui i loro uomini possono riversare le proprie frustrazioni e la propria violenza e quindi il loro “tradimento” appare ancora di più come una missione impossibile, una montagna altissima da scalare a mani nude. A far da contrappeso però c’è il personaggio di Anna Colace, anche lei donna ma donna dello Stato, in grado di entrare nelle menti di queste madri, di queste figlie per tirar fuori quella rabbia che poi sarà la scintilla di una rivoluzione. La loro.
La fotografia di un mondo
Nonostante due episodi siano ancora troppo pochi per poter avere un quadro più dettagliato della direzione che The Good Mothers prenderà in questa prima stagione, possiamo già constatare come sia a livello di scrittura che a livello di messa in scena sia stato fatto un lavoro di grande precisione, anche grazie a delle interpreti perfettamente nel personaggio anche quando hanno poco spazio a disposizione. Micaela Ramazzotti offre tutta la sua vulnerabilità e il suo dolore a Lea Garofalo, trasformandola in una madre premurosa e protettiva nei confronti della figlia Denise, qui portata in scena dalla brava Gaia Girace già vista ne L’amica geniale. Il loro è un rapporto dolentissimo e commovente, soprattutto nel momento in cui Lea accetta la possibilità della morte forse perché crede ingenuamente che possa rappresentare l’inizio per la vita di Denise. Il personaggio però più tragico, almeno in questi primi due episodi, rimane quello di Giuseppina Pesce. Una donna che sceglie la speranza alla violenza cieca, l’amore alla sopraffazione brutale, la resistenza alla resa. Valentina Bellè le regala tutto tramite lo sguardo, i movimenti degli occhi quasi impercettibili, la voce incrinata nelle pochissime parole che pronuncia mentre l’Anna Colace di Barbara Chichiarelli rimane un po’ più sacrificato dalla narrazione, ma è necessario per aggiungere un po’ di luce a quest’oscurità opprimente.
The Good Mothers non è perfetta, alle volte risulta forse un po’ troppo fredda e distaccata dai suoi personaggi e incapace di afferrarne del tutto le emozioni e le contraddizioni. Però è un prodotto tragico e violento, che ha il coraggio di accogliere la complessità di queste donne non per cerebrarle ma per raccontarle con rispetto e attenzione. E che riesce ad aprire un piccolo spiraglio di speranza rigenerante nella soffocante disperazione che le attanaglia.
The Good Mothers. Regia di Julian Jarrold ed Elisa Amoruso con Micaela Ramazzotti, Gaia Girace, Valentina Bellè, Barbara Chichiarelli, Simona Distefano e Francesco Colella, in uscita su Disney + il 5 aprile.
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