Dalla Festa del Cinema di Roma la nostra recensione di The Persian Version, esuberante dramedy familiare iraniana-americana: quarant’anni di cambiamenti storici e sociali condensati a ritmo di musica, lacrime e risate
Prima è stato il turno dei greci, poi degli indiani e ora è arrivata il momento degli iraniani. A Roma sbarca The Persian Version, scoppiettante miscela di musical, family drama e commedia che ha conquistato gli Stati Uniti a suon di balli tipici persiani e musica occidentale. Un po’ di cuore, la giusta dose di sfacciataggine e un po’ di politicamente scorretto fanno la fortuna di un film imperfetto, ma decisamente irresistibile.
Tra due mondi
Proveniente da due Paesi agli antipodi, l’iraniana-americana Leila (Layla Mohammadi) si sforza di trovare un equilibrio e di abbracciare le sue culture opposte, sfidando con coraggio le etichette che la società è così rapida nel proiettare su di lei. Quando la sua famiglia si riunisce a New York per il trapianto di cuore del padre, Leila gestisce le sue relazioni a distanza nel tentativo di tenere la sua vita reale separata da quella familiare. Tuttavia, quando il suo segreto viene svelato senza troppi complimenti, si scoprono anche i chiari parallelismi tra la sua vita e quella di sua madre Shireen (Niousha Noor).
Due donne in cerca di sé
La regista e sceneggiatrice Maryam Keshavarz è cresciuta tra due universi apparentemente inconciliabili, circondata da sette fratelli maschi e dalla sensazione di non appartenere alla cultura americana perché troppo iraniana e viceversa. The Persian Version nasce così come valvola di sfogo, ma anche come tentativo di riappropriarsi della propria identità spaccata a metà. Ma quello della cineasta iraniana e americana è anche un omaggio alle donne della propria famiglia e dell’Iran tutto, assoggettato da una cultura fortemente patriarcale che incenerisce i sogni, le speranze, le inclinazioni e le identità femminili stesse alla radice.
Cultura di cui la stessa Shireen è stata vittima a lungo, tanto da aver lasciato in lei dei residui in qualche modo tossici come la mancata accettazione dell’orientamento della figlia. Dall’altra parte però anche Leila è figlia di una cultura indubbiamente progressista, ma altrettanto incapace di volgere lo sguardo altrove per provare a capire un altro punto di visita, una visione diversa del mondo anche non necessariamente migliore. The Persian Version diventa allora anche un film ponte nell’accomunare due personalità agli opposti ma ugualmente in grado di far sentire la propria voce, di non arrendersi davanti alle difficoltà, di mostrare tenacia e forza d’animo.
Integrazione a ritmo di musica
Il più grande merito della pellicola della Keshavarz è però indubbiamente quello di non prendersi troppo sul serio, sia quando prende di mira gli States che quando invece nel mirino entra la vecchia Persia. Tra riferimenti al sesso anale, esaltazione e al contempo distruzione della pop culture, continue frecciate lanciate verso l’istituzione del matrimonio, la religione (cristiana e islamica) e il maschilismo The Persian Version è insieme accogliente e respingente, nel senso che non si preoccupa troppo di esagerare, delle volte pure strabordando un po’.
È questa grandissima vitalità di racconto e messa in scena a rendere il messaggio di integrazione ancora più efficace e ficcante, proprio perché alla base del film c’è l’idea che la vita di una ragazza o di una donna nel 2023 sia complicata e incasinata a prescindere dal paese in cui si vive, anche se per motivi diversi. The Persian Version tenta perciò di esorcizzare questa complessità attraverso l’uso della musica, del ballo, della canzone come porta di ingresso tra un mondo e l’altro. Perché, checché se ne dica, in Iran conoscono Cyndi Lauper e la ballano esattamente come noi e anche le ragazze iraniane vogliono solo divertirsi, proprio come le nostre.
È difficile prefigurare come e se The Persian Version potrà assurgere allo statuto di cult e se potrà dare un contributo alla cultura iraniana per darle una bella lucidata e una mano di vernice agli occhi degli occidentali, però ormai la strada è stata aperta e il cinema non potrà non tenerne conto. Non ci saranno le produzioni sfarzose e kitsch di Bollywood o l’epica ricercata del cinema cinese, ma il cinema iraniano non è solo Panahi, Farhadi o Kiarostami: è invece una macchina viva, che sa colorarsi, ridere di sé stessa e contemplare la leggerezza. Chi l’avrebbe mai immaginato.
TITOLO | The Persian Version |
REGIA | Maryam Keshavarz |
ATTORI | Layla Mohammadi, Niousha Noor, Bijan Daneshmand, Bella Warda, Tom Byrne |
USCITA | prossimamente |
DISTRIBUZIONE | Sony Pictures |
Tre stelle e mezza