Tommaso Paradiso presenta alla stampa Space Cowboy, il suo esordio discografico da solista e racconta la sua gestazione, il legame con il cinema e Christian De Sica, l’amicizia con Franco126 e Calcutta, gli omaggi presenti nel disco e molto altro
Tommaso Paradiso presenta alla stampa Space Cowboy, il suo esordio discografico da solista: «Un disco registrato davanti al mare nella costiera amalfitana alle 4 di notte con gli amplificatori a palla, c’è molta Italia, Vasco è il padre non perfetto, ha raccontato la mia e la nostra vita. Affermo la mia fierezza di essere appartenenti alla melodia e armonia italiana. E’ il mio testamento. L’America è sempre un orizzonte per noi, è il sogno, siamo tutti figli di Lucio Dalla che guardiamo da sognatori all’America. Sono molto legato ai film di Sergio Leone, Lo chiamavano trinità lo porterei su un’isola deserta. Il riferimento agli States è anche iconografico oltre al titolo, sono i maestri dello show business. Parlavo con Paolo Sorrentino del fatto che volevo un disco che avrei comprato io stesso e il risultato mi soddisfa».
Anche se è conclusa l’esperienza artistica con i Thegiornalisti, Tommaso non ha dubbi sulla continuità del suo percorso musicale: «Cambia solo il nome, i dischi li facevo io ora come prima, mi sono avvalso degli stessi collaboratori, da Matteo Cantaluppi a Dario Faini. Space Cowboy è un disco nato durante la pandemia in cui non ho reticenze verso la condivisione delle mie paure, della solitudine, si nota anche la ricerca di un nuovo equilibrio nella mia vita, di un centro di gravità permanente».
Tommaso poi ci fa ascoltare le tracce inedite, oltre ai singoli già pubblicati in questi due anni, ben accolti dal pubblico con diverse certificazioni. Colpisce il duetto con il concittadino Franco126 in Amico caro: «Ci dicono spesso che io, Franco e Calcutta dovremmo dare vita a un Banana Republic 2.0, ci sentiamo i rappresentanti di una nuova generazione cantautorale e siamo molto amici» Ci sono anche omaggi ad artisti d’oltremanica, dall’eco di Oh my god di John Lennon nell’incipit di chitarra di Guardarti andare via, prima traccia dell’album, fino alla ripresa della batteria nel finale della title-track che rimanda a Goodbye Kiss dei Kasabian.
A fine mese, precisamente il 26, 27 e 28 aprile sbarca al cinema il suo primo film da regista Sulle nuvole, stesso titolo del tour che lo vedrà nei teatri in primavera, dopo il cambio di location dettato dalle limitazioni anti-Covid: «Sulle nuvole è una storia da film e non da canzone, non avrei potuto nemmeno racchiuderla in un romanzo. Non che la musica non mi basti più ma la sto arricchendo col cinema, credo che sia quella la mia vera passione, guardo tantissimi film, il cinema è l’argomento di conversazione che preferisco, conosco molti sceneggiatori, mi piace l’ambiente. Sono più bravo a scrivere canzoni per cui mi limito a inserire il mondo cinematografico nella musica. Vi rivelo che il protagonista è un po’ il mio alter ego, condividiamo soprattutto la voglia di vivere tutto al massimo, fino all’eccesso, mi auguro solo di non fare la sua fine ma non voglio farvi troppi spoiler».
Sempre legato al cinema è il video dell’ultimo singolo estratto Tutte le notti, che avrà come protagonista il suo mito Christian De Sica: «Un sogno che si realizza, lo ritengo un attore eccelso, l’anello di congiunzione tra la vecchia e la nuova scuola, tanti possono storcere il naso perché lo accostano alle solite quattro battute ma ha retto per anni la commedia italiana e si è dimostrato molto valido anche in ruoli drammatici. Ho bisogno di rifugiarmi nei suoi film quando sono giù di morale».
Tommaso poi ci racconta che non ha nessuna intenzione di partecipare al Festival di Sanremo come concorrente, dopo le voci che lo davano come big in gara nell’edizione appena trascorsa e conclude la conferenza dando un suo parere sul potere della musica: «Le canzoni ti fanno rivivere le cose, l’arte ha il potere di non far morire mai le cose, come diceva Foscolo, quindi i sentimenti universali, quelli che condividiamo anche con un uomo vissuto otto milioni di anni fa, sono sempre quelli. Sono segni tangibili della nostra identità culturale».