La recensione di Transformers – Il risveglio, secondo capitolo della serie prequel ispirata ai robottoni Hasbro: la battaglia per salvare la Terra dalle grinfie di Unicron comincia a New York e finisce in Perù
A cinque anni dall’uscita di Bumblebee arriva in sala Transformers – Il risveglio, secondo capitolo della serie prequel ambientata tra la fine degli anni ’80 e il primo Transformers. Stavolta si cambia totalmente arena, passando dalla New York del 1994 alle rovine Inca in Perù, con Anthony Ramos e Dominique Fishback nei panni dei due protagonisti umani e una nuova minaccia aliena all’orizzonte. Tra azione, humour, la celebrazione degli anni ’90 e un po’ di ritrovata umanità, Transformers – Il risveglio è un passo verso la giusta direzione.
Attenti ad Unicron
New York, 1994. È l’era dell’hip hop e delle Air Jordan, e nel suo vivace quartiere di Brooklyn Noah Diaz (Anthony Ramos), ex soldato semplice dell’esercito americano, fa del suo meglio per aiutare a mantenere la famiglia. Dopo l’ennesimo colloquio di lavoro fallito Noah fa la conoscenza dell’Autobot Mirage (doppiato da Pete Davidson), che rivela l’esistenza di altri tre compagni Autobot nascosti: Optimus Prime (doppiato da Peter Cullen), Bumblebee e Arcee (doppiati da Liza Kosos). Nel frattempo, in un museo archeologico di Ellis Island, la ricercatrice venticinquenne Elena Wallace (Dominique Fishback) innesca inconsapevolmente un artefatto alieno nascosto in un’antica statuetta. Ascoltando il suo richiamo, Noah e gli Autobot arrivano proprio mentre il malvagio Terrorcon Scourge (doppiato da Peter Dinklage) e i suoi striscianti Sweep robotici attaccano. Dato che l’obiettivo di Scourge è quello di recuperare una chiave in grado di evocare Unicron, un’entità di dimensioni e forza distruttiva iniminaggibili, Noah ed Elena uniscono le forze con gli Autobot per cercare di evitare l’annientamento della Terra. Ma i potenti Autobot sono impreparati alla nuova fazione di Transformers che incontrano durante la loro missione: i Maximals, uno stupefacente gruppo di bestie robotiche che custodiscono il segreto per riunire gli Autobot al loro mondo natale, Cybertron.
Un passo in avanti
La pentalogia di Michael Bay dedicata ai robot Hasbro ha avuto il merito di incassare quasi 4 miliardi di dollari al botteghino mondiale sfruttando una serie di elementi comuni alla filmografia di Bay: confezione patinatissima da spot pubblicitario, personaggi soprattutto femminili ipersessualizzati, patriottismo sfrenato legato ai valori tradizionali made in the Usa e così via. Archiviata l’era Bay (che rimane a bordo come produttore esecutivo), con Bumblebee si era tentata la strada dell’origin story ammantata di un certo sapore e retrogusto nostalgici, in cui il racconto di formazione a trazione femminile si univa agli elementi più squisitamente action e “fracassoni” tipici della saga. Transformers – Il risveglio continua in un certo senso su quella strada, nonostante i due protagonisti non siano più adolescenti da un po’ e nonostante il taglio dell’intera operazione abbia caratteristiche decisamente più epiche e ambiziose: torna la fine del mondo imminente, torna la minaccia interstellare, torna l’artefatto alieno da recuperare e/ o distruggere, tornano le location internazionali e più esotiche. Qui sia Noah che Elena possono godere di un livello quantomeno basico di costruzione (soprattutto il primo), hanno delle vite tutt’altro che idilliache da portare avanti e non sono ancora consci del loro potenziale; di più il film lavora in maniera discreta, in special modo nel primo atto, sull’arena newyorkese del 1994 tra razzismo latente che costringe ai margini Noah mentre lotta per assicurare un futuro dignitoso alla propria famiglia, o che rende Elena invisibile agli occhi dei suoi superiori a dispetto delle competenze e del talento. Certo, Transformers – Il risveglio non è Fa’ la cosa giusta di Spike Lee e non vuole esserlo, ma quando arrivi da una serie di film in cui le donne venivano inquadrate dal fondoschiena e gli uomini non bianchi erano ridotti a delle macchiette stereotipate, il passo in avanti c’è e si vede.
Ritmo e leggibilità
Uno dei maggiori rimproveri rivolti più spesso al cinema di Bay riguarda la gestione delle scene d’azione, spesso poco leggibili o fin troppo ipercinetiche nel ritmo e nella costruzione perché oscurate da un montaggio impazzito. Transformers – Il risveglio cerca quindi con ogni mezzo di rimediare a questa pecca, attraverso l’utilizzo di uno stile di ripresa più morbido, meno ossessionato dai primi piani o dai dettagli e che si concede anche un paio di long-take non troppo insistiti, in grado di donare respiro alle inquadrature e di conseguenza anche alla narrazione. Il regista Steven Caple Jr, già dietro alla macchina da presa per Creed II, arriva persino a flirtare con l’horror nella sequenza ambientata al museo e in generale conosce e sa applicare i principi del racconto epico, anche quando ci infila dentro un’eccessiva quantità di retorica e di patriottismo a stelle e strisce; il risultato è un film in cui l’azione, che è ovviamente presente e che esplode letteralmente nel terzo atto, non è mai troppo stancante o troppo insistita almeno fino al midpoint. Inoltre l’ambientazione peruviana regala un paio di spunti narrativi che si distaccano dal mood generico della saga, per toccare con mano delle suggestioni o dei rimandi al mondo di Indiana Jones (qui esplicitamente citato) in una delle scene più divertenti del film, suggestioni che fanno intravedere una potenziale deriva più archeologica e mistica da non sottovalutare.
Salvare il mondo
Lamentarsi del fatto che la storia di Transformers – Il risveglio sia un po’ un greatest hits dei capitoli precedenti è tanto possibile quanto pretestuoso: è evidente come una saga del genere non possa permettersi di rischiare di strabordare fuori dai propri confini per non perdere la propria identità, ma memore della lezione Marvel Transformers – Il risveglio si apre nell’ultimissima scena alla possibilità di un universo espanso. Poi, certamente, il tema è sempre quello del conoscere e del credere nelle proprie potenzialità anche quando nessun altro lo fa, sia Noah che Elena riusciranno a dimostrare di essere molto più di ciò che appaiono e in qualche modo la situazione di partenza verrà ristabilita per essere però ribaltata. In fondo gran parte delle produzioni hollywoodiane e dei prodotti high concept come questo non mirano certo a scombinare le regole, quanto piuttosto a riaggiornare archetipi vecchi di millenni per riconsegnarli al pubblico in una veste meno impolverata, più moderna e al passo con la sensibilità dell’epoca. Quello di Transformers – Il risveglio è un viaggio avventuroso alla scoperta del potere che si cela dentro noi stessi e del nostro ruolo nel mondo, attraverso il linguaggio del meraviglioso o el divertimento più sfrenato; qui magari la meraviglia manca, ma il divertimento no.
Transformers – Il risveglio. Regia di Steven Caple Jr con Anthony Ramos, Dominique Fishback, Michelle Yeoh, Peter Dinklage e Peter Cullen, in uscita domani 8 giugno nelle sale distribuito da Eagle Pictures.
Tre stelle