La nostra recensione di Tu quoque, una commedia commovente ambientata nell’Antica Roma che segna la prima prova cinematografica da protagonista per Maurizio Battista e l’esordio di Gianni Quinto alla regia
Tu quoque prende il via da una situazione tanto drammatica quanto comune: Massimo Quinto (Maurizio Battista) è un uomo sull’orlo del tracollo. I debiti lo assediano, la relazione con il figlio Edoardo (Guglielmo Poggi) è interrotta da due anni e la solitudine è il suo unico punto fermo. Eppure, in mezzo a questo grigiore quotidiano fatto di scooter e agenzie delle entrate, Massimo conserva ancora un attaccamento viscerale a Roma, che colleziona sotto figurine di legionari e odori d’altri tempi intrappolati nei sedili di una vecchia macchina.
Quando riceve una diagnosi senza appello, Massimo perde ogni speranza, ma il destino ha intenzione di sorprenderlo: dopo un incidente si risveglia nel 44 a.C., proprio nei pressi del foro romano. Qui, tra colonne e toghe, salva Giulio Cesare (Paolo Triestino) dall’attentato ordito da Bruto, stringendo con lui un legame improbabile che lo trasformerà in un consigliere moderno per antichi problemi.

Ritorno al passato
Il film segna l’esordio alla regia sul grande schermo di Gianni Quinto, e questa inesperienza si avverte soprattutto nella gestione delle scene ambientate nell’Antica Roma, che pur avendo a disposizione il suggestivo set di Cinecittà, non riescono a restituire appieno l’atmosfera grandiosa dell’epoca. I limiti produttivi si fanno sentire e alcune trovate visive rischiano di risultare più da fiction televisiva che da opera cinematografica.
Diverso il discorso per il cast: Maurizio Battista, pur al suo primo ruolo da protagonista in un film, regge bene il peso della narrazione e riesce ad essere al contempo ironico e malinconico, restituendo con sincerità le fratture interiori di Massimo. Da sottolineare anche l’intensa prova attoriale di Guglielmo Poggi nei panni del figlio Edoardo, presente in poche scene, ma tutte cariche di tensione emotiva.

Padre e figlio
Il cuore pulsante di Tu quoque è il legame padre-figlio, un rapporto fatto di silenzi e rimpianti. La scelta di interrompere i contatti per un motivo apparentemente banale – l’assenza di Massimo alle partite di calcio di Edoardo – nasconde dolori più profondi, che purtroppo il film accenna appena, preferendo una narrazione più leggera e spesso sbrigativa.
La parentesi del viaggio nel tempo avrebbe potuto diventare un discorso di elaborazione e riscatto, ma si rivela alla fine una deviazione poco incisiva. Quando Massimo torna alla sua epoca, è in atto un cambiamento nella sua vita, ma questo appare il risultato di eventi già in moto e che si sarebbero probabilmente compiuti anche senza la parentesi storica, più che un effetto diretto del passato.

Déjà-vu cinematografici
Nella costruzione di questo impianto narrativo, Battista e Quinto prendono ispirazione da modelli illustri. Impossibile non pensare a Non ci resta che piangere, ma dove Troisi e Benigni giocavano con il paradosso con autentica genialità, qui le gag risultano spesso prevedibili e rivolte a un pubblico più giovane, se non infantile. Anche i riferimenti alla burocrazia, all’italiano medio e all’assurdo della quotidianità richiamano la filmografia di Checco Zalone, ma senza la stessa verve satirica e senza una costruzione solida di contesto. La sensazione è quella di un collage di intuizioni, alcune divertenti, altre dimenticabili.
A dare una mano a Battista ci pensa uno stuolo di amati attori teatrali e caratteristi del cinema, da Paolo Triestino nei panni di Giulio Cesare, finalmente con un ruolo principale anche al cinema, a sua moglie Calpurnia Francesca Antonelli, dal trio de L’Orchestraccia Giorgio Caputo, Marco Conidi e il già citato Guglielmo Poggi, alle teatrali Jane Alexander e Milena Miconi, dai simpatici Giancarlo Ratti e Diego Verdegiglio nei panni di Agrippa e Cicerone, fino ai leggendari caratteristi Lucianna De Falco e Stefano Antonucci.

Un finale commovente
Nonostante i suoi limiti, Tu quoque riesce a restituire con onestà la presenza teatrale di Battista, che anche sul grande schermo mantiene il suo carisma e la sua capacità di sostenere la scena. L’idea di inserire un romano verace tra i veri antichi romani ha un potenziale curioso, ma sarebbe forse servita una maggiore maturità registica per farla funzionare davvero. Per un debutto, sarebbe stato più efficace restare ancorati alla Roma odierna, approfondendo con più coraggio la complessità dei rapporti familiari, perché quello che rimane più impresso allo spettatore è il desiderio di riconciliarsi con ciò che si è perso lungo il cammino.
Il film si chiude con una sequenza commovente creando un momento sincero e toccante, che restituisce dignità emotiva a una narrazione altalenante. Senza entrare nei dettagli, la scena colpisce nel profondo, non riuscendo però a cancellare del tutto la sensazione di un film che, con maggiore coerenza e profondità, avrebbe potuto lasciare un segno più incisivo.
TITOLO | Tu quoque |
REGIA | Gianni Quinto |
ATTORI | Maurizio Battista, Paolo Triestino, Francesca Antonelli, Giorgio Caputo, Marco Conidi, Milena Miconi, Guglielmo Poggi, Jane Alexander, Lucianna De Falco, Stefano Antonucci, Giancarlo Ratti, Diego Verdegiglio, Antonio Fiorillo, Gianfranco Phino |
USCITA | 03 aprile 2025 |
DISTRIBUZIONE | Nexo Studios |
2 stelle e mezza