La recensione di Tutto in un giorno, l’opera prima dell’attore Juan Diego Botto presentata alla scorsa Mostra di Venezia con Penelope Cruz e Luis Tosar: un film a tratti piuttosto efficace, a tratti un po’ frustrante
Dopo la presentazione alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia nella sezione orizzonti, arriva in sala Tutto in un giorno (En los márgenes), un dramma corale ambientato nel giro di sole 24 ore e interpretato da Penelope Cruz (Madres paralelas, L’immensità) e Luis Tosar che racconta il tragico problema degli sfratti in Spagna a danno dei più indigenti. Juan Diego Botto (qui al suo esordio registico) gira una pellicola onesta, che non fa troppi sconti e che a tratti diventa troppo sconnessa perdendo il fuoco della narrazione.
3 storie in 24 ore
Rafa (Luis Tosar) è un avvocato specializzato in previdenza sociale e nella difesa di persone emarginate dalla società, immigrati, poveri e in generale persone che vivono ai margini (come nel titolo originale del film). Ha un figliastro di nome Raúl (Christian Checa) e una moglie, Helena (Aixa Villagràn), con la quale i rapporti sono diventati un po’ burrascosi. Deve necessariamente trovare una donna musulmana, madre di una bambina piccola, alla quale verrà tolta la casa nel giro di 24 ore e per farlo costringe Raúl ad aiutarlo nella ricerca.
La sua storia si intreccerà con quella di Azucena (Penelope Cruz), una cassiera che sta per perdere la casa, madre di un figlio e in perenne conflitto col marito Manuel (Juan Diego Botto), e con quella di Teodora (Adelfa Calvo), una vecchia signora che ha ipotecato la casa pur di provare a salvare il figlio poliziotto sommerso dai debiti.
Vite ai margini
È stata proprio la protagonista Penelope Cruz a convincere l’amico Juan Diego Botto ad occuparsi della regia di Tutto in un giorno e lo ha fatto perché colpita da una notizia terribile: in Spagna ogni anno si eseguono quasi 50.000 sfratti, ovvero quasi 140 sfratti al giorno. Quello che è ormai diventato un problema sociale, per non dire una piaga, non poteva restare sotto silenzio nemmeno e specialmente non al cinema e Botto ha il merito di essere soltanto partito dalla questione sfratti per allargare il discorso e lo sguardo ad un intero sistema di oppressione sociale nei confronti degli emarginati.
In questa sua pellicola d’esordio lo sguardo di Botto rimane sempre indagatore e mai giudicante, riuscendo a catturare per gran parte del minutaggio la forza devastante delle frustrazioni, delle difficoltà e dei problemi di natura soprattutto burocratica che i tre personaggi principali del film devono affrontare. Botto rimane incollato a loro e specialmente a Rafa, la cui storyline fa da filo conduttore all’intera vicenda e che alla fine dei conti risulta anche essere la più interessante e quella meglio costruita.
Se quindi Tutto in un giorno riesce a disegnare un quadro chiaro e per certi versi terribile della questione sociale degli sfratti, il film di Juan Diego Botto dimostra però anche di possedere una certa ritrosia nello sguardo poiché molte delle scene più “violente” rimangono volontariamente fuoricampo o incastonate in un freeze-frame che le depotenzia. Anche la scelta di seguire ben tre storie contemporaneamente alla luce dei fatti non si è rivelata vincente, perché la sensazione continua è che Botto abbia voluto privilegiarne soltanto due e neanche con la stessa attenzione.
Come già accennato prima è l’arco narrativo di Rafa quello principale, e il suo è anche l’unico personaggio dei tre a cui la sceneggiatura regala la possibilità di avere un cambiamento definito. Rafa è il personaggio che perde di continuo le chiavi della macchina, che colleziona multe nel tentativo di inseguire la sua cliente alla quale stanno per togliere la casa, che deve per forza confrontarsi con il figliastro Raùl e soprattutto con la sua incapacità di prendersi cura delle persone che gli stanno vicino, e di sé stesso. Più sfumato invece appare il personaggio di Azucena, alla quale Penelope Cruz regala un’interpretazione toccante e incisiva, sfaccettata e carica di tanti non detti.
Rincorrere la speranza
Nonostante il tema sia decisamente scomodo e possegga forti connotazioni drammatiche, il film si apre nel finale ad un salutare ottimismo rincorrendo una speranza che sembrava essersi perduta. Non tutti ce la faranno probabilmente e, anzi, alcuni non ce l’hanno già fatta ma Botto sembra volerci rassicurare sul fatto che in qualche modo qualcuno si preoccuperà sempre per noi, che non siamo dei derelitti allo sbaraglio senza alcuna possibilità di rialzarci e di combattere per la nostra casa, la nostra famiglia o il nostro futuro.
Tutto in un giorno segue allora in maniera non troppo pedissequa la linea tracciata da tanto cinema di denuncia, da Loach a Petri, da Rosi fino ai diversi e agli emarginati immortali di Fassbinder. Un film che non sempre tiene a fuoco l’oggetto della sua indagine, che sbanda persino e diventa didascalico in certi frangenti, ma che nonostante tutto contiene in sé la forza di un cinema dirompente, un cinema di persone reali afflitte da problemi reali e dalla vita reale. Un cinema che si rifiuta di restare nei margini e che vorrebbe strabordare e inondare tutto, pur con la sua palese e sfacciata imperfezione.
Tutto in un giorno. Regia di Juan Diego Botto con Penelope Cruz, Luis Tosar, Christian Checa, Aixa Villagràn, Juan Diego Botto e Adelfa Calvo, in uscita nelle sale giovedì 2 marzo distribuito da BiM Distribuzione.
Tre stelle e mezzo