La nostra recensione di Una squadra, la docuserie che riunisce tra aneddoti e dietro le quinte Panatta, Barazzutti, Bertolucci, Zugarelli più Pietrangeli, il team azzurro che conquistò la storica Coppa Davis nel 1976
Domenico Procacci, famoso produttore cinematografico e fondatore della casa editrice Fandango, esordisce alla regia con Una squadra, docuserie evento che racconta la storia della nazionale italiana di tennis che nel ‘76 conquistò la Coppa Davis. Uno speciale della serie è stato presentato tra i titoli fuori concorso del 39° Torino Film Festival. Aneddoti, dietro le quinte e inediti punti di vista su una vicenda delicata come la finale in Cile del più importante torneo tennistico maschile, si intrecciano nell’omaggio alla squadra di tennis più forte del mondo della fine degli anni ‘70.
Una storia di contrasti
Quattro leggende dello sport nostrano, personalità così diverse per tecnica di gioco, carattere e stile di vita. Adriano Panatta e Paolo Bertolucci da un lato, Corrado Barazzutti e Tonino Zugarelli dall’altro. Festaioli e mondani i primi, più riservati i secondi. La docuserie rende manifesti i contrasti che hanno caratterizzato una squadra poco affiatata sulla carta, che ha dimostrato spirito di coesione sul campo. Merito anche del vero collante di questo quartetto, il capitano e non giocatore Nicola Pietrangeli.
Una comicità naturale
I risvolti dell’incompatibilità di prospettive che aleggiava sulla squadra vengono a galla attraverso le parole degli stessi campioni che guardano con tenerezza a quella conflittualità. L’autenticità della narrazione è evidenziata da un montaggio brillante che affianca versioni alternative, e spesso discordanti, di uno stesso aneddoto raccontato filtrato dalla memoria dei quattro tennisti sinceramente divertitisi a rievocare i loro ricordi. L’effetto di questo puzzle di prospettive è una comicità spontanea, filtro di una docuserie che oltre ad omaggiare i suoi protagonisti, ne indaga i lati più umani e grigi, sempre con il sorriso sulle labbra.
Vincere in Cile
Fondamentale nella docuserie è la ricostruzione della finale della Coppa Davis del ‘76, quando si generò un vero caso politico intorno alla partenza degli Azzurri per Santiago. Si percepisce dalle testimonianze dei campioni una certa amarezza nel rivangare l’accoglienza da traditori che fu loro riservata In Italia, quando tornarono vittoriosi da un Paese in cui si era affermata una dittatura e si commettevano crimini contro l’umanità come il Cile. Una tensione palpabile che inevitabilmente andò ad intrecciarsi con le ansie della vigilia di una partita così importante. A nulla servì il gesto provocatorio di Panatta e Bertolucci, che in finale indossarono una maglietta rossa: il match venne trasmesso in tv in bianco e nero.
Dei personaggi cinematografici
Se Una squadra riesce ad intrattenere, divertire e ragionare sulle dinamiche profonde di un team divenuto leggenda, grande merito è dei suoi protagonisti. Se le stesse vicende raccontate paiono frutto del lavoro di uno sceneggiatore, gli stessi cinque tennisti sembrano dei veri personaggi cinematografici. L’immagine del taciturno e riservato Zugarelli che inveisce contro il console italiano in Spagna, che non aveva riconosciuto, in seguito ad una sconfitta o quella del belloccio Panatta che sferra un pugno all’unico tifoso italiano in una calca di spagnoli che gli avevano fischiato contro per un match intero, è cinema puro. Sentire poi raccontare questi aneddoti dai diretti interessati è ancora più coinvolgente. La chiave del successo di un’operazione riuscitissima come quella di Una squadra.
Una squadra (docuserie). Regia di Domenico Procacci. Con Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Antonio Zugarelli, Paolo Bertolucci e Nicola Pietrangeli. Al cinema il 2-3-4 maggio e su Sky dal 14 maggio.
3 stelle e mezzo
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