Brad Pitt, Liv Tyler, Ruth Negga e il regista James Gray presentano Ad Astra, in concorso a Venezia 76: la conferenza stampa con il cast stellare della pellicola ambientata nello spazio.
Ad Astra è in concorso alla Mostra del cinema di Venezia e si è dimostrato uno dei film più attesi della manifestazione. Il regista James Gray è intervenuto nella conferenza stampa accanto ai protagonisti Brad Pitt, Liv Tyler e Ruth Negga.
Visto che hai prodotto il film, nel montaggio hai portato un tesoro nazionale belga: perché sei andato fino in Belgio per trovare un montatore extra?
Brad Pitt: Io e Nico abbiamo lavorato tempo fa in un progetto che si chiamava Beautiful Boy, lui ha un tocco meraviglioso. Nel montaggio questo film ha rappresentato la sfida maggiore cui abbia mai lavorato. La storia di James è così delicata. Se fai qualcosa di troppo veloce, se fai un voice over, una voce fuori campo eccessiva, tutto risulterebbe sbagliato. Quindi c’è stato uno sforzo costante nel mantenere l’equilibrio, nel mantenere una narrativa che si svolgeva in modo sottile e delicato come voleva James. Abbiamo chiamato vari amici. Delle volte ci siamo trovati in difficoltà: James e io abbiamo sempre parlato per esempio di come si riesce ad indicare delle persone che sono collegate mentre il personaggio sullo schermo è da solo. Come si riesce ad indicare che lui è isolato nel suo rapporto con gli altri? Era una cosa che volevo fare e sono molto contento dell’equilibrio che abbiamo trovato con James.
Una domanda per James: effettivamente è una storia molto delicata e ci sono numerose citazioni. Ci puoi parlare del mondo cinematografico e letterario che fa parte di questo progetto?
James Gray: Una delle cose bellissime del cinema è che è una combinazione di tutte le altri arti: c’è la pittura, c’è la danza, c’è la coreografia, c’è la cinematografia ovviamente, c’è il teatro, c’è il dramma e anche la letteratura ha un ruolo nella narrazione. Forse sono vecchio stile ma credo molto nella narrativa e per la narrativa mi piace rubare dai migliori. Sono stato ossessionato da Moby Dick […], volevo utilizzare dei temi che non hanno tempo. Alcuni diranno che queste cose sono un po’ vetuste ma io credo nella forza del mito, ho preso degli archetipi per fare questo film.
I tre attori potrebbero parlare di cos’era così attraente in questo film?
Liv Tyler: A livello personale ho pensato al rapporto di questo uomo con suo padre, non tanto alla fantasia dello spazio. Secondo me il mio personaggio è un po’ come un sogno, arriva a lui nella sua fantasia, nella sua immaginazione […], ma è anche molto vero. Rappresenta il suo collegamento con il mondo. Pur essendo sempre solo pensa tanto, la memoria ha un ruolo importante. A volte non sai se quello che immagina è vero o no.
Ruth Negga: La penso come Liv, questo canovaccio dello spazio ci ha dato la possibilità di esplorare i rapporti intimi che ci sono. Il mio personaggio secondo me incarnava il fatto per cui noi come esseri umani vogliamo sempre dei contatti. Le scene tra Helen e Roy per esempio indicano un bisogno che prima era assente nella loro vita. A me piaceva moltissimo il modo in cui ha cercato un contatto: lei lo spinge ad andare avanti nella sua missione, ho sentito un grande calore nel loro rapporto. I loro destini sono intrecciati. Quello che lui fa per lei, in un certo senso, è liberarlo, far sì che lui parta per la sua missione. Lo aiuta ad andare avanti. James ha ragione, si tratta quasi di un’epica greca.
Sei un uomo che passa dal non avere alcuna emozione a qualcosa di molto diverso. Come attore, come si crea tutto questo utilizzando riprese molto vicine? James, come hai lavorato su tali aspetti con Brad?
Brad Pitt: Per quanto lo cerchiamo di nascondere ognuno di noi si porta dietro delle ferite dalla nostra infanzia. Il ruolo dell’attore è quello di utilizzare quel dolore e quei sentimenti perché se io non sono sincero non lo sarò per lo spettatore.
James Gray: Non abbiamo mai un rapporto maschile tradizionale perché condividiamo anche molti momenti imbarazzanti. Siamo stati molto aperti anche rispetto ai nostri sentimenti, alle cose che abbiamo fallito, agli errori che abbiamo fatto. Lui la mattina mi mandava delle e-mail relativamente a quello che era successo nella giornata precedente ma molto spesso anche raccontando delle idee che provenivano dalla sua esperienza personale. Questo ci ha permesso di avere un dialogo aperto, così riuscivamo a definire ciò che intendevamo fare, come volevamo rappresentare le scene. Qualsiasi lavoro che si faccia con un attore è un rapporto in cui la sincerità è necessaria. Non possiamo preoccuparci di risultare simpatici o non simpatici, dobbiamo semplicemente essere onesti nei nostri confronti, essere vulnerabili e aperti. A volte questo ci porta in luoghi oscuri, a volte le persone apprezzeranno tutto ciò e altre volte no. Ma di questo non ci dobbiamo preoccupare. Ho creato questo tipo di rapporto con Brad e Brad ha creato lo stesso tipo di rapporto con me. Osservare l’attore da vicino ha consentito di guardare cosa c’è dentro di lui, ed è una prerogativa di questo tipo d’arte. […] Ciò consente di vedere nell’attore e oltre l’attore, vedere cosa pensa, racconta una verità che è molto più vera della nostra verità. Questo è il potere della fotocamera, della ripresa.
Il film, al di là della missione spaziale, è anche un viaggio alla ricerca di se stesso, del guardarsi dentro. Lei è un personaggio che da sempre porta avanti ideali e principi sia nella vita privata che nel lavoro. Quanto è stato importante accettare un film come questo, molto onesto?
Brad Pitt: In retrospettiva penso alle conversazioni tra me e James. Senza dare un’etichetta alle cose, ci stavamo concentrando sulla mascolinità. Veniamo da un’epoca in cui si è parlato della forza naturale, del dover essere rispettati, dei valori nel momento in cui si entra nel mondo e ci si deve difendere. Al contempo si creano delle barriere che abbracciamo noi stessi, negando però il dolore. Tutte quelle cose che abbiamo sentito, anche la vergogna, magari sono anche delle emozioni immaginate però in qualche modo finiamo col negare quelle emozioni. La domanda era sulla verità giusto? C’è una migliore definizione per noi? C’è la possibilità di creare un rapporto migliore con coloro che noi amiamo? I nostri genitori, i nostri figli, ma anche con noi stessi. Alla fine era proprio questo ciò che stavamo cercando.
Lei è un attore, che regala emozioni, ma è anche produttore, che deve pensare al business: come concilia queste due anime? E poi, dato che lei è così amato nel mondo, cosa prova ad essere sempre considerato un sex symbol?
Brad Pitt: Sono sette domande in una! Tornerò alla domanda numero 1 e cercherò di evitare la settima! Sia io che James siamo stati svezzati con i grandi film degli anni ’70 e quello è il livello che io cerco, quei personaggi piuttosto complessi che non erano né buoni né cattivi. Queste sono le storie che mi attirano, credo che mi piaccia questa complessità perché non vedo nel mondo questo bianco o nero. I miei produttori o i partner con cui lavoro cercano la stessa cosa, in qualche modo è questo ciò che mi guida. Se in qualche modo mi tocca, toccherà anche gli animi degli altri. O almeno questo è ciò che immagino io, dopo di che si vede quando viene presentato al mercato.
In relazione a ciò che ha detto Ruth: il suo personaggio libera il tuo personaggio. C’è un luogo in cui si sente libero? Da bambino ha mai sognato di essere nello spazio?
Brad Pitt: In realtà lo spazio soprattutto in questo film è un luogo molto sperduto, molto solitario. Veniamo tenuti in vita con dei dispositivi, perché siamo associati ad una navicella. Mi trovo molto più a mio agio nella natura, nello spazio aperto, con i miei amici.
Ad Astra è in concorso a Venezia però ci sono speculazioni che possa essere anche candidato agli Oscar. Spera di poter vincere un Oscar, il primo della sua carriera come attore protagonista?
Brad Pitt: Innanzitutto vorrei che questo film venisse presentato. Tutti hanno lavorato molto per realizzarlo, è stata una grande sfida. Opera su fronti diversi e ha molto da dire (qui il trailer di Ad Astra, ndr). Si pone domande sul perché siamo qui, sulla nostra anima, perché continuiamo a fare queste cose, quindi sono molto curioso di sapere come verrà recepito. Ogni anni ci sono persone talentuose che vengono riconosciute, altre invece che non vengono riconosciute. Credo semplicemente che quando c’è il successo è divertente, quando invece questo successo è per gli altri sono degli amici e quindi si è contenti lo stesso. Ecco, ho un po’ sviato la domanda!
Tra le tante altre cose, questo film è bellissimo da un punto di vista visivo ed è fantastica anche la musica. Rientra in un unicum in qualche modo.
James Gray: Nel 1989 ho visto un documentario che si chiama For All Mankind, se non l’avete visto guardatelo perché è veramente molto bello, e sono le riprese fatte in 16mm dagli astronauti dell’Apollo 16. Di fatto quando si è sulla Luna non si vedono le stelle, si vede questa distesa nera e la Terra è una cosina veramente molto piccola. Quei 12 astronauti maschi bianchi sono gli unici esseri umani ad aver visto la Terra da quel punto di vista. Molto del cinema si occupa della creazione di un mood particolare, lì invece ho visto quella distesa bella ma che al tempo stesso fa paura, questo nero che tocca l’anima del cinematografo. Mi sono domandato: come possiamo rendere ancora più scura questa distesa nera? Ci ho dovuto lavorare però ho cominciato appunto con le riprese della missione dell’Apollo 16. Ovviamente si utilizza il materiale d’archivio, quello che abbiamo a disposizione, con le opere dei grandi pittori. Dal punto di vista della musica, invece, eravamo ossessionati dalla musique concrète. Abbiamo molti loop presenti nel film: la prima cosa che si sente è questa musica che sembra quasi un’ecografia ma in realtà è la voce di Tommy Lee Jones che dice “Amo mio figlio, amo mio figlio”. Alcuni suoni non sono necessariamente evidenti. […] Quando si utilizza la musica sinfonica a volte si scende in alcuni stereotipi ma con questo miscuglio di elementi classici e sinfonici sono arrivato all’estetica che abbiamo creato.
Una curiosità: lei ha visto Gravity? Per caso c’è stato un paragone con l’altro sex symbol che sabbiamo essere suo amico (George Clooney)? E poi il lato fisico: lei fa grandi balzi e anche nel film di Cuarón c’è tanta fisicità.
George e io ci siamo raccontati alcuni aneddoti sullo sconforto che abbiamo sentito, tutto qui.