Venom, il più atipico dei villain di casa Marvel, diventa, tra le mani di Ruben Fleischer, una commedia poco riuscita a tema supereroistico. Peccato, perchè ad interpretare la nemesi di Spider-Man c’è un ottimo Tom Hardy.
Non così male come si dice in giro
Mettiamo subito le cose in chiaro: sebbene Venom non sia proprio l’orrore che si dice in giro e quel rating del 28% calcolato da Rotten Tomatoes sulla scorta delle prime reaction appaia fin troppo ingeneroso, va detto però che è in ogni caso un cinecomic venuto particolarmente male. In primis per il suo disattendere in massima parte le aspettative che si nutrivano verso un super(anti)eroe che, anche solo in termini puramente narrativi, aveva un così grosso potenziale. Ma procediamo per gradi.
Un film spurio
Venom è infatti un prodotto dalla natura spuria, non solo perché, lungi dall’essere un Marvel tout court, nasce dalla collaborazione tra la casa madre e la Sony tesa a curare esclusivamente le trasposizioni cinematografiche delle vicende legate a Spider-Man, a cominciare proprio da quello Spider-man: Homecoming che solo un paio di anni fa ci aveva così positivamente impressionato. Ma anche perché, in un range che va dalla ormai perfettamente compiuta eterogeneità stilistica delle opere dedicate agli Avangers alla natura ben più ridanciana e “cazzona” dei vari Deadpool e Ant-Man, il film di Ruben Fleischer non riesce mai a scegliere verso quale dei due poli tendere.
Il valore di Venom come villain sui generis
Chi bazzica anche poco il mondo dei fumetti sa infatti benissimo che Venom altri non è che uno dei principali antagonisti (insieme a Goblin) di quello che una volta eravamo soliti chiamare l’Uomo Ragno. Nato dalla combinazione accidentale di un essere umano e un simbionte alieno – di fatto una sorta di parassita amorfo che abita il corpo ospite monopolizzandone le azioni e la capacità di giudizio – Venom si muove secondo una logica del tutto distorta di giustizia e rappresenta, per questo, uno dei villain più interessanti dell’intero parco-cattivi della Marvel.
Una scelta bizzarra
Motivo per cui non si comprende affatto la scelta degli autori di epurare il film da qualsiasi riferimento, anche velato, a Spider-Man. In un contesto come quello dei moderni cinecomic, nel quale sono così centrali la continuità narrativa e il sofisticato – e spesso anche intricato – gioco di continui rimandi tra un film e l’altro, appare assai bizzarra la decisione di strutturare questo tanto atteso Venom quasi come un corpo filmico a sé, del tutto indipendente da un contesto di cui pure è parte integrante.
Un problema di sostanza
Ma questo è, più che altro, un problema che interesserà i fan più ortodossi del genere, mentre i maggiori problemi del film riguardano, ahinoi, la sua sostanza. Che è prima di tutto ammantata in un mood leggero leggero che mal si sposa alla natura profondamente dark di un personaggio letteralmente diviso in due e con i toni cupi che pure Ruben Fleischer riesce a garantire almeno alla prima parte della storia. Che è più o meno il canovaccio base di qualsiasi genesi supereroistica, con la presentazione di un common man pieno di problemi, l’incidente attraverso il quale attingerà i propri superpoteri, il processo per imparare a gestirli e, infine, lo scontro con la nemesi di turno.
I lati positivi
Peccato che, insieme a Spider-Man, si sia deciso di eliminare da questo Venom anche ogni traccia di ambiguità o di scorrettezza politica per perseguire un ideale forzatamente edificante che cozza con l’intima natura del soggetto rappresentato. Fortuna vuole che a salvare la baracca ci sia Tom Hardy, probabilmente l’attore giusto nel ruolo sbagliato, che si cimenta nel primo ruolo leggero in carriera e rappresenta, di fatto, uno dei pochi elementi di reale interesse dell’intera operazione, insieme al lanciatissimo Riz Ahmed e alle due classiche sequenze post credit che, in totale antitesi rispetto al resto del film, contribuiscono a reinserire Venom nel più classico degli universi condivisi di area Marvel.
Un errore di percorso?
Spiace, e molto, per Michelle Williams, costretta in uno dei ruoli femminili di contorno più insignificanti di cui si abbia memoria – roba che la Pepper Potts di Gwyneth Paltrow, al confronto, quasi guadagna un allure shakespeariana – proprio nell’anno in cui il #metoo ha contribuito in parte a ridefinire le rappresentazioni delle donne, soprattutto all’interno del cinema commerciale, vedi ad esempio il tripudio della Wonder Woman di Patty Jenkins. Speriamo possa trattarsi solo di un errore di percorso (o di valutazione) da parte di gente che dovrebbe avere perfettamente chiaro in mente quanto possano essere esigenti i gusti di un pubblico abituato ormai a opere di livello molto alto, come nel caso del recente The Avengers: Infinity War.
Venom, diretto da Ruben Fleischer e interpretato da Tom Hardy, Michelle Williams e Riz Ahmed, è in sala da giovedì 4 ottobre, distribuito da Warner Bros Italia.