Volevo nascondermi, con Elio Germano diretto da Giorgio Diritti, racconta la controversa vita del pittore Antonio Ligabue: con una mimesi perfetta e il ricorso a numerosi flashback, il film gode di scenografie perfette ma una regia un po’ asettica.
La vita di un artista controverso
Antonio Ligabue (qui interpretato da Elio Germano), prima di essere universalmente riconosciuto come uno dei maggiori artisti del ‘900, è stato isolato e deriso. L’aspetto non lo aiutava di certo: rachitico e brutto, è stato considerato un freak per la maggior parte della sua infanzia e adolescenza. La pellicola racconta la vita dell’artista sin dall’inizio ma senza seguire l’ordine cronologico degli avvenimenti. I primi fotogrammi, infatti, lo vedono impaurito e tramante sotto le lenzuola, quasi a volersi davvero nascondere dal mondo. Poi si torna indietro nel tempo per capire la genesi di un genio, dagli orfanotrofi alla vita a Gualtieri (Emilia Romagna) che lo avvicina alle persone ma soprattutto alle creature che più amava: gli animali e i bambini.
Elio Germano: mimesi assoluta
La scelta di un protagonista come Elio Germano lascia intendere il desiderio di puntare su standard qualitativi di tutto rispetto. In effetti in Volevo nascondermi l’interprete conferma il suo talento e mette in scena un Ligabue intenso, curato nella particolare gestualità oltre che nella postura e nello sguardo. Le aspettative non vengono deluse e il carisma dell’attore riempie le scene sotto ogni punto di vista. L’emotività e l’espressività sono indubbiamente le corde su cui Germano punta e il lavoro fatto si vede. La sua recitazione risulta intensa e raffinata, ricca di colori e di sfumature interessanti.
Trucco e scenografia
L’interpretazione di Elio Germano è coadiuvata dall’ottimo trucco realizzato da Lorenzo Tamburini (il cui lavoro era già stato apprezzato in Dogman, valsogli un David di Donatello), efficace e mai posticcio. Il rischio di calcare troppo la mano era tangibile, ma Tamburini è riuscito a calibrare ogni elemento ottenendo una somiglianza notevole e convincente. La scenografia creata da Ludovica Ferrario regala poi almeno mezza stella in più al film. Le atmosfere tipicamente anni ’40-’50 sono state riprodotte con maestria e un fascino particolare. Il richiamo alla nobile arte della pittura è immediato e costituisce una sorta di filo conduttore estetico che non sfuggirà all’occhio degli spettatori. Ciò che emerge è un omaggio alla natura, con i boschi e i corsi d’acqua che si animano e sembrano far parte della trama a tutti gli effetti.
Regia asettica
Nonostante i numerosi pregi, qualcosa impedisce a Volevo solo nascondermi di arrivare completamente al cuore delle persone. Forse si tratta dell’elevato uso dei flashback, oppure di una regia precisa ma poco impulsiva. Ogni scena sembra studiata a tavolino, apparendo a volte un po’ asettica. Un velo di freddezza copre alcuni passaggi, sebbene molto altri risultino al contrario piuttosto toccanti. Nel complesso la pellicola descrive la vita e l’emotività di Antonio Ligabue con passione e un certo fare didascalico, mostrando sia nel bene che nel male le idee di Giorgio Diritti. La precisione regna sovrana, suscitando un solo appunto: probabilment alcune scene dovevano essere “sporcate”.
Volevo nascondermi è stato presentato in concorso al 70º Festival Internazionale del Cinema di Berlino ed è distribuito in Italia da 01 Distribution. Il film è prodotto da Palomar con Rai Cinema.