Cosa c’è dopo, attesissimo quinto episodio della nona stagione di The Walking Dead, segna la chiusura di un cerchio e apre nuovi scenari, probabilmente riscrivendo le sorti di una serie sull’orlo del precipizio.
Siamo infine giunti all’attesissimo episodio che riscrive tutta la storia di una serie culto come The Walking Dead, che viaggia a velocità sostenuta verso un cambiamento, rivelatosi necessario da diverso tempo. Il quinto episodio, che forse avrebbe dovuto scandire un vero e proprio finale di stagione, o quantomeno un midseason, e non arrivare così presto, poiché rischia di essere il presagio di un disastro annunciato, la fine imminente di un’era gloriosa.
Pathos e nostalgia
Cosa c’è dopo, diretto da Greg Nicotero e sceneggiato da Scott Gimple e Matthew Negrete, segna l’inizio di una sperimentazione di nuovi ritmi, nuovi equilibri e nuove dinamiche, che a poco a poco si vanno incastrando, per dar vita a un disegno più ampio. Si riparte esattamente da quel cliffhanger di Obbligati, che ci ha lasciato col fiato sospeso, facendoci accelerare il battito cardiaco, come ormai non succedeva da un po’. Una puntata piena di pathos e nostalgia, che sa colpire nel punto più debole dei fan, trascinandoli in un viaggio a ritroso nel tempo ma che guarda fiducioso e impaurito al futuro.
Il percorso di Rick
Rick, ormai giunto a un punto culminante della sua storia, imbocca la via dei ricordi, veri, presunti e distorti, che si incontrano a metà strada con il regolamento di alcuni conti in sospeso, importanti e fondamentali, per proseguire quel percorso cominciato tanti anni addietro. E lo troviamo così, in una sorta di memory day, cavaliere solitario seguito da una orda di vaganti, proprio come quell’episodio pilota che ce l’ha presentato, facendoci riassaporare quel gusto di panico e sfida che ci ha fatto affezionare all’ex vice sceriffo. Grimes incontra tante vecchie conoscenze nel suo lungo “pellegrinaggio”, chi lo incita a ritrovare la rabbia e l’odio che lo hanno portato a fare scelte drastiche e non sempre ragionevoli, ma che gli hanno permesso di lottare e non piegarsi mai; chi gli rammenta che solo la forza e l’amore degli altri può modificare gli uomini e renderli migliori, e chi gli fa comprendere che la famiglia non si perde, se hai ancora tanto da dare e da condividere con le persone al tuo fianco.
Rabbia e misericordia
In Cosa c’è dopo, un altro personaggio fondamentale raggiunge il suo scopo: Maggie, che senza mezzi termini è assolutamente determinata a portare a compimento la sua missione di vendetta, e come ultimo ostacolo, che si frappone tra lei e Negan, trova Michonne, pronta a difendere le convinzioni di Rick, ma vacillante davanti alle convincenti parole della numero uno di Hilltop. Il confronto con la sua nemesi è accesso, incandescente, duro e doloroso per entrambi, è il momento esatto in cui scoprono realmente di che pasta sono fatti e di cosa sono veramente capaci, non si può più tornare indietro, è arrivato l’istante in cui decidere cosa far prevalere: rabbia o misericordia, tema alquanto ricorrente in queste ultime stagioni di The Walking Dead.
Un cerchio che si chiude
Un episodio decisivo dunque, che chiude un cerchio e apre diverse nuove possibilità, che libera la serie da un circolo vizioso in cui si era cacciata ormai da tempo, bloccata su un’idea che continuava a girare su se stessa, senza mai trovare l’uscita d’emergenza, che finalmente si è palesata, almeno si spera, come un miraggio nel deserto. Una puntata, se vogliamo, che fa da collante tra quelle precedenti e quelle che verranno, come un ponte (non a caso) che sgretolandosi, si erge a monumento commemorativo di ciò che non c’è più, permettendo a un nuovo ciclo di cominciare il suo cammino verso un futuro misterioso e inaspettato, che può salvare quello che sembra destinato a soccombere, o condannarlo definitivamente.