La nostra recensione di Zamora, il primo film da regista di Neri Marcorè con protagonisti Alberto Paradossi e lo stesso Marcorè che adatta l’omonimo romanzo di Roberto Perrone: una storia delicata che racconta di nuove consapevolezze, sullo sfondo dei mitici anni ’60
Quella di Zamora non è solo la trasposizione cinematografica del romanzo omonimo di Roberto Perrone, grande giornalista sportivo recentemente scomparso, ma è anche l’occasione perfetta per Neri Marcorè di debuttare dietro la macchina da presa con una storia vicinissima a quella che è la sua cifra stilistica, ma non troppo. C’è infatti tanta delicatezza e un tocco brioso dietro questa parabola di un uomo comune che diventa straordinario, attraverso una graduale presa di coscienza e l’acquisizione maggiore di nuove consapevolezze su di sé e gli altri, qui raccontata come fosse quasi una fiaba contemporanea. Con un bravissimo Alberto Paradossi, che speriamo di ritrovare presto.
L’undicesimo uomo in campo
Walter Vismara (Alberto Paradossi) ama condurre una vita ordinata e senza sorprese: ragioniere nell’anima e di professione, lavora come contabile in una fabbrichetta di Vigevano. Quando la fabbrica chiude il Vismara si ritrova suo malgrado catapultato in un’azienda avveniristica della vitale e operosa Milano, al servizio di un imprenditore moderno e brillante, il cavalier Tosetto (Giovanni Storti). Peccato che costui abbia il pallino del folber (il calcio), obbligando tutti i suoi dipendenti a sfide settimanali scapoli contro ammogliati. Walter si dichiara portiere solo perché è l’unico ruolo che conosce e non sa sarà costretto a partecipare alla partita ufficiale del primo maggio.
Subisce così lo sfottò dei colleghi: tra questi, l’ingegner Gusperti (Walter Leonardi) lo ribattezza sarcasticamente “Zamora”, il fenomenale portiere spagnolo degli anni ’30. Non solo quel bauscia lo umilia in campo e lo bullizza in azienda, ma tra lui e Ada (Marta Gastini), la segretaria di cui Walter si innamora, sembra esserci del tenero. Sentendosi umiliato, tradito da una parte e deriso dall’altra, il ragioniere escogita un piano del tutto originale per vendicarsi, coinvolgendo un ex-portiere di nome Giorgio Cavazzoni (Neri Marcorè) ormai caduto in disgrazia.
Il calcio come metafora
In Zamora la spinta propulsiva è il risultato di una miscela di racconto d’ambientazione sullo sfondo dei mitici anni ’60 e di parabola calcistica, in cui lo sport nazionalpopolare per eccellenza diventa sia lo strumento di riscatto lavorativo e personale di Walter che sociale in senso lato, perché Walter viene dalla provincia, da un tessuto sociale considerato meno integrato e più grezzo e quindi più facilmente schernito. Ma soprattutto Walter rappresenta l’archetipo e lo stereotipo assieme del nerd “secchione” incredibilmente intelligente e acculturato, ma affatto interessato al pallone e alle sue dinamiche, che si ritrova in un sistema opposto ai propri valori.
Un sistema al quale e nel quale sopravvivere adattandovisi, ma anche un’opportunità di crescita e di emancipazione rispetto ad una provincia e ad una famiglia tanto amorevoli quanto strette, fin troppo strette. Tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Perrone, Zamora è un distillato di garbo cinematografico e leggerezza, che utilizza la verve comica sempre compassata di Marcorè per tratteggiare i contorni di questa storia di riscatto e presa di coscienza, in cui il calcio si fa non solo metafora dei cambiamenti della vita ma anche di resilienza, di capacità di resistere alle angherie e al pregiudizio parandone anche i tiri più insidiosi. Proprio come un portiere di razza.
Semplicità come chiave
Il comico e attore marchigiano ha quindi debuttato con una storia perfetta per le proprie corde, delicata e per certi versi anche un po’ commovente senza mai essere ricattatoria. Perché sotto la superficie Zamora nasconde il cuore di un racconto che tocca argomenti come rimpianto e senso di colpa, delle “brutte bestie” come li definisce Neri/Giorgio, ma anche fallimento e redenzione come nella miglior tradizione dei film sportivi. Qui la chiave però, a differenza di tanti esempio del genere sportivo, non è data dal sentimento epico o dal melodramma, ma dalla pastosità della commedia in costume con qualche tocco di acidità che non guasta, e l’intuizione di non cadere in un finale troppo consolatorio.
Marcorè ha quindi co-scritto (assieme ad altri tre sceneggiatori tra cui Paola Mammì) e diretto un’opera prima calda e accogliente, che ad onor del vero non rischia più di tanto, ma che sa farsi apprezzare per il buon lavoro sugli interpreti (specialmente sul protagonista a cui presta il volto Alberto Paradossi) e per un tono da dramedy raffinata ed elegante. Per restare in tema calcistico il risultato finale non è una goleada, ma i tre punti li porta comodamente a casa.
TITOLO | Zamora |
REGIA | Neri Marcorè |
ATTORI | Neri Marcorè, Alberto Paradossi, Marta Gastini, Anna Ferraioli Ravel, Walter Leonardi, Antonio Catania, Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Pia Lanciotti, Pia Engleberth, Giovanni Esposito |
USCITA | 4 aprile 2024 |
DISTRIBUZIONE | 01 Distribution |
Tre stelle e mezza
Zamora video interviste
Guarda le nostre video interviste al cast:
Alberto Paradossi e Neri Marcorè (guarda)
Marta Gastini e Anna Ferraioli Ravel (guarda)
Giovanni Esposito, Walter Leonardi e Antonio Catania (guarda)
Pia Lanciotti e Pia Engleberth (guarda)
Video integrale incontro stampa con il cast (guarda)